Il figlio è bullizzato, i genitori si fanno giustizia da sè. Mazzate agli aguzzini. Immagini forti
il caso
Appuntamento venerdì 29. Corte d'assise d'Appello di Brescia. Processo di secondo grado per Antonio Monella, 52 anni, imprenditore edile di Arzago d’Adda. Il 6 settembre 2006 sparò e uccise un albanese 19enne che gli stava rubando la Mercedes. Ha detto di aver cercato di difendere la famiglia. E che voleva far fuoco verso l'alto. Niente da fare. In primo grado è stato condannato a 8 anni. Durante il processo, le perizie balistiche di accusa e difesa avevano dimostrato che l’uomo non aveva mirato contro il malvivente in fuga. Tanto che persino l’accusa aveva parlato di "eccesso colposo di legittima difesa" e non di "omicidio volontario". Ma il gup Bianca Maria Bianchi ha avuto un’idea diversa, sostenendo che il reato da ipotizzare era quello più grave. Il tutto nonostante la legge – all’epoca entrata in vigore da poco – sulla legittima difesa. Norma fortemente voluta dalla Lega Nord e dal centrodestra in generale. All’edizione bergamasca del Corriere Antonio Monella ha spiegato: «Volevo sparare in aria, per far scappare i ladri. Non ho puntato all'auto. Il colpo è partito perché, uscendo sul balcone della camera, sono inciampato nel gradino della portafinestra». L’imprenditore è assistito dagli avvocati Enrico Mastropietro e Andrea Pezzotta.
Ed è proprio la dinamica dello sparo a non aver convinto il magistrato: i banditi albanesi stavano tagliando la corda, l’imprenditore era uscito sul balcone ed era partito un colpo. Il 19enne, ferito, era stato abbandonato dai complici davanti a un pub di Truccazzano. Morirà poco dopo. Monella nega che i suoi familiari non fossero più in pericolo. Ha raccontato: «Alle 2 di notte è scattato l'allarme e sono uscito dalla camera da letto. In salone ho incrociato un uomo. Mi sono subito blindato nel reparto notte, abbassando questa spranga (mostra una barra di metallo che blocca la porta dall'interno, ndr): io, mia moglie e la nostra bambina di cinque anni». Tutti in salvo, quindi? Non era detto. Perché «mio figlio era al piano di sopra. Ho temuto per lui e per mia madre che abita al piano terra. Con i furti di quel periodo e la paura, ho deciso in un secondo: ho preso il fucile e sono uscito». Poi lo sparo, la macchina con gli albanesi che sgomma, l’arrivo delle forze dell’ordine. Si capirà che uno dei malviventi è stato colpito a morte solo qualche ora dopo. Venerdì l’appello. Monella giura di aver difeso gli affetti più cari, dopo che ignoti gli erano entrati in casa. Di notte. I banditi stavano andando via. Il colpo – ripete l’imprenditore – ha freddato il giovane per una tragica fatalità. Ha già pagato 40mila euro di risarcimento. In primo grado è stato condannato, nonostante le perizie. Ora l’Appello. Legittima difesa oppure omicidio colposo?
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