Luigi Di Maio superstar, sul treno tutti in fila per un selfie con lui
Complimenti per la trasmissione
Una giornata sull'eutanasia della seconda Camera
Una giornata sull'eutanasia della seconda Camera
“Siamo incanalati su una pista da bob dove non c’è via d’uscita…”. Con una metafora scivolosa come la sua sintassi, il senatore leghista Sergio Divina, trasfigurato, roboante, intravvede l’Apocalisse nella tragicommedia che si allestisce a Palazzo Madama, causa il “piccolo dittatorello a cui si permette di cambiare la Costituzione” (Renzi).
Con un discutibile slancio masochista ho passato il pomeriggio su RaiParlamento (mercoledì, access time) in un programma intitolato “Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario”. Il reportage in tempo reale sull’eutanasia del Senato. Uno spettacolo crepuscolare eppur televisivamente grottesco e fascinoso. Telecamera fissa sul volto marmoreo di Pietro Grasso, le altre inquadrature che insistevano sui piccoli eroi d’una legislatura con lutto al braccio. C’era il senatore Orellana che si sbracciava nel proporre un emendamento; il senatore Uras, senza capelli ma di lessico ondulato che urlava “il dibattito parte da una pregiudiziale di cui sono responsabili governo e opposizione, e lo dico da opposizione”; il senatore Caliendo gesticolante con lentezza come un personaggio di Sciascia, che per la terza volta prendeva la parola sfogliando e declamando il regolamento, mentre i colleghi vicini si alzavano di colpo, estenuati, lasciando gli scranni vuoti. C’era il senatore Cociacich peone assurto all’onore delle cronache per aver introdotto un “super-canguro”, uno stratagemma di voto che spazzava le opposizioni, col senatore Calderoli incazzatissimo perché gli avevano appena fatto fuori 76 milioni di emendamenti,praticamente Kafka ucciso da Calamandrei. C’era Anna Finocchiaro con la sua zazzera bianca che in soldoni dava degli ingnorantoni ai colleghi invitandoli a riscrivere le leggi . C’era Grasso che respingeva ogni insulto, illazione, attacco dei grillini, col mantra funereo “Il Senato non approva”.
Eppoi, nell’aria rarefatta, densa di richiami a commi, codicilli, voti segreti messi al palo, si stagliavano le seconde file. Le seconde file sono i paria. Sono quei senatori che, quando i vicini prendono la parola, non si degnano neanche di far finta d’ascoltare. Quando parla il senatore Crimi , uno scorre l’iPad, l’altro mastica una liquerizia, l’altro ancora si scaccola sfogliando un giornale (con lo stesso dito). Vicino al senatore Malan, il Tintin del centrodestra, si divincola una signora liftatissima con la faccia attraversata da rughe lieve che ricordano un cinturato Pirelli. Ognuno si fa i cavoli propri. Sembra uno di quegli sketch dal finto Parlamento che allestiva il programma A tutto gag negli anni 80. Zaffate di nulla. E dire che non si sono picchiati, né insultati. Ma lì mi ha assalito l’inquietudine dei vinti, e l’idea dell’inutilità dell’istituzione. E’ durato un attimo. Una cosa divertente che non farà mai più, come diceva David Foster Wallace nel suo reportage sulle crociere dei ricchi…
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