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L'aiutino alla Raggi e la corsa per Roma

Il 26esimo punto del patto di governo giallorosso

Brunella Bolloli
Brunella Bolloli

Alessandrina, vivo a Roma dal 2002. Ho cominciato a scrivere a 15 anni su giornali della mia città e, insieme a un gruppo di compagni di liceo, mi dilettavo di mondo giovanile alla radio. Dopo l'università tra Milano e la Francia e un master in Scienze Internazionali, sono capitata a Libero che aveva un anno di vita e cercava giovani un po' pazzi che volessero diventare giornalisti veri. Era il periodo del G8 di Genova, delle Torri Gemelle, della morte di Montanelli: tantissimo lavoro, ma senza fatica perché quando c'è la passione c'è tutto. Volevo fare l'inviata di Esteri, ma a Roma ho scoperto la cronaca cittadina, poi, soprattutto, la politica. Sul blog di Liberoquotidiano.it parlo delle donne di oggi, senza filtri.

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Luigi Di Maio con la sindaca Virginia Raggi Foto: Luigi Di Maio con la sindaca Virginia Raggi
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"26: rendere Roma più attraente per i turisti e sostenibile per i romani". L'hanno messo all'ultimo punto del contratto, pardon, del patto di governo giallorosso ma il tema Roma c'è e su questo Movimento Cinquestelle e Partito democratico vanno a braccetto. Fa molto strano, certo, leggere oggi di questo asse tra i due avversari di sempre in difesa della Capitale, ma è una mossa necessaria perché Roma dal 2016 è amministrata, malamente, dalla grillina Virginia Raggi e su questo i dem hanno fatto una dura opposizione dopo che loro stessi hanno deciso di cacciare il loro sindaco, Ignazio Marino, andando dal notaio a firmare le dimissioni. E la resa è arrivata in un momento nero per la città, con l'inchiesta su Mafia Capitale che ha falcidiato il consiglio comunale, con mezza giunta coinvolta, Pdl e Pd tramortiti dall'indagine mentre i Cinquestelle (allora 4 anonimi consiglieri comunali (Raggi, Frongia, De Vito e Stefàno) si godevano lo spettacolo e in Parlamento la truppa M5s gridava: . Il Movimento ha vinto le Comunali con questo mantra, promettendo pulizia e zero corruzione, facendo leva sulla voglia della gente di liberare Roma dall'assedio della mangiatoia dei partiti tradizionali. Sembrava un secolo fa, ma subito la novellina Raggi, avvocato con alcune lacune nel curriculum, ha incespicato nel trovare la squadra di giunta, si è fatta affiancare da un direttorio di parlamentari M5s - tra cui la nemica Roberta Lombardi -  che poi è naufragato perché erano più i dissidi con la sindaca che i punti d'incontro. C'è stato il caso Marra, il potente braccio destro di Virginia, arrestato perché faceva affari con l'immobiliarista Scarpellini; la sostituzione di almeno due assessori all'Ambiente, lontani dalla linea del Movimento sui rifiuti; l'inchiesta sullo stadio della Roma di Tor di Valle; l'incapacità della maggioranza dell'Aula Giulio Cesare di prendere decisione per il bene dei romani e della città. In tutto questo, il Pd ne ha dette di tutti i colori all'amministrazione grillina, senza sconti. E adesso che deve governare con Di Maio non può rimangiarsi gli insulti, gli sfottò, le prese per i fondelli. Ma può dire che quelli erano incentivi a fare meglio, stimoli per evitare che la Capitale affogasse nell'incuria. Aiuti, insomma. E adesso la Raggi può solo ringraziare Luigi Di Maio e Nicola Zingaretti che, di fatto, con questo 26esimo punto hanno stabilito una sorta di commissariamento della città. Rimettendo al centro Roma e la romanità mentre Matteo Salvini, non è un mistero, aveva tutto l'interesse a lasciarla al suo destino per poi tentare di scalarla mettendo un leghista (o una leghista) per la prima volta sul colle capitolino. Possibilità ancora in campo, comunque. Perché le elezioni comunali sono nel 2021 e il Carroccio ha il tempo di rifarsi e magari persino di vincere (già ieri Salvini diceva della Raggi "è un'incapace. L'ho aiutata in tutti i modi, ma se uno non è capace, non è capace".) Il Pd del romano Zingaretti stavolta non si farà trovare impreparato. Se Salvini vuole vincere a Roma deve mettersi d'accordo con Giorgia Meloni, cioè con Fratelli d'Italia, Forza Italia, e con il resto del centrodestra, ovvio.          

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