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Decreto dignità, ecco quali sono i rischi: aumento di precariato e lavoro nero

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Il primo Decreto del Governo giallo-verde sta apportando notevoli modifiche nel mondo del giuslavoro italiano. Ma queste risultano essere potenzialmente rischiose per il mercato del lavoro. Il Decreto Dignità interverrà infatti in maniera sensibile sui contratti a termine, con un ritorno delle causali e un aumento dei contributi per i datori di lavoro a partire dal primo rinnovo. Inoltre, vi sarà un notevole aumento degli indennizzi per i licenziamenti illegittimi per i lavoratori assunti con contratti a tutele crescenti. Prima di spiegarvi quelli che sono i potenziali rischi per il nostro mercato del lavoro, vediamo cosa effettivamente sta per cambiare. Per quanto concerne i contratti a termine, le tempistiche massime consentite per la fruizione degli stessi scendono da 36 a 24 mesi e le proroghe invece da 5 a 4. Inoltre questi contratti, quando rinnovati, dovranno riportare necessariamente una causale, la quale dovrà rientrare in una delle seguenti opzioni: ragioni oggettive o sostitutive, per picchi di attività e attività stagionali (elencate nell'allegato al DPR 1525/1963) o per incrementi imprevisti dell'attività. Da segnalare inoltre che ogni rinnovo il lavoratore avrà diritto a un aumento pari allo 0,5%. Per quanto riguarda i licenziamenti senza giusta causa, vi sarà un sensibile cambiamento sull'ammontare del possibile indennizzo da parte del datore di lavoro. Infatti, per i contratti a tutele crescenti, si passerà da un minimo di 4 a un massimo di 24 mensilità oggi in vigore a un minimo di 6 a un massimo di 36 mensilità di indennizzo. In queste nuove norme sono a mio dire nascosti dei seri rischi per il mercato del lavoro. Il primo dei quali lo individuo nei contratti a termine: dopo 24 mesi, quando l'azienda dovrà decidere se assumere o meno il lavoratore, è molto probabile che essa opti per la decisione che comporta meno rischi e quindi interrompa la collaborazione. Ma questo tipo di decisione potrebbe arrivare anche prima dei 24 mesi, infatti, con l'introduzione della causale nel rinnovo del contratto a termine, un'azienda potrebbe decidere di evitare di commettere potenziali errori nel definire la causa del rinnovo e semplicemente decidere di avvalersi di un'altra risorsa. Questi sono potenziali rischi che è necessario non sottovalutare. Ma forti rischi potrebbero annidarsi anche nelle nuove norme dei contratti a tutele crescenti. La domanda che vorrei porre è la seguente: con che spirito un datore di lavoro potrà scegliere di assumere avendo la consapevolezza di arrivare a pagare un indennizzo pari fino a 36 mesi di stipendio dello stesso? Queste potenziali spese potrebbero risultare un serio deterrente nei piani di assunzione aziendali. Un'altra riflessione che vorrei invitare a effettuare è su come dei possibili investitori stranieri possano decidere di scegliere l'Italia, con i suoi potenziali 36 mesi di indennizzo, quando, per esempio in Inghilterra, le mensilità sono pari a 2? Questi sono dati sui quali sarebbe bene riflettere attentamente. Questo aumento degli oneri a carico dei datori di lavoro potrebbe infatti risultare un deterrente notevole per le assunzioni e inficiare negativamente su tutto il mercato del lavoro italiano, con un potenziale aumento di precariato e lavoro nero. All'interno del Decreto però non vi sono a mio dire solo punti negativi. Le misure di disincentivazione della delocalizzazione sono a mio dire ben strutturate, ma si tratta di un piccolo mattoncino positivo che ha una controparte negativa decisamente più ingombrante e che va pendere l'ago della bilancia verso un parere decisamente negativo. di Cristiano Cominotto

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