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A Boss in incognito c'è il rampollo Preatoni col complesso del padre

Il programma nuovo cambia solo il conduttore

Francesco Specchia
Francesco Specchia

Francesco Specchia, fiorentino di nascita, veronese d'adozione, ha una laurea in legge, una specializzazione in comunicazioni di massa e una antropologia criminale (ma non gli sono servite a nulla); a Libero si occupa prevalentemente di politica, tv e mass media. Si vanta di aver lavorato, tra gli altri, per Indro Montanelli alla Voce e per Albino Longhi all'Arena di Verona. Collabora con il TgCom e Radio Monte Carlo, ha scritto e condotto programmi televisivi, tra cui i talk show politici "Iceberg", "Alias" con Franco Debenedetti e "Versus", primo esperimento di talk show interattivo con i social network. Vive una perenne e macerante schizofrenia: ha lavorato per la satira e scritto vari saggi tra cui "Diario inedito del Grande Fratello" (Gremese) e "Gli Inaffondabili" (Marsilio), "Giulio Andreotti-Parola di Giulio" (Aliberti), ed è direttore della collana Mediamursia. Tifa Fiorentina, e non è mai riuscito ad entrare in una lobby, che fosse una...

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Il figlio del boss (boss egli stesso) Foto: Il figlio del boss (boss egli stesso)
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Padri e figli. Si disvela un romanzo dalla narrazione antica e dall'etica invincibile, nell'ultima puntata del nuovo Boss in incognito (Raidue, lunedì prime time). C'è Eugenio Preatoni, giovane ad milanese che, sulle orme di un padre ingombrante, s'infila, sotto mentite spoglie, tra i dipendenti del suo “Domina Zagarella”, azienda alberghiera in terra di Sicilia, per scoprire se “i soci Domina, il nostro core business, sono trattati meglio degli altri” (e non lo sono, diamine, e il boss s'incazza parecchio, strappandosi pizzetto finto e parrucca davanti a una receptionist atterrita). E, in quest'esprit narrativo, tipico dei regnanti illuminati nei racconti di Mark Twain o dei film di Frank Capra, si intrecciano anche relazioni familiari parallele. Mariano il manutentore, papà di due bimbi, è un lavoratore inesausto che non trova il tempo di "aggiustarsi" la casa. Filippo, il 24enne addetto alla piscina ex nuotatore dalla carriera stroncata per incidente automobilistico, non riesce a contattare il papà per avvertirlo che, in forza della propria “etica lavorativa”, il boss gli ha regalato un lavoro da sub e una proprietà in Egitto. E tra le palme e i cespugli di lauro, in equilibrio tra l'orgoglio siculo e la tenacia sentimentale, spiccano Giuseppe e Gioacchino, giardinieri, papà e figliolo che si amano senza mostrarlo; e proprio nel loro rapporto Eugenio rivede il proprio col papà, il patriarca Ernesto. Ruvidezza e lucciconi di commozione che è meglio tenersi dentro (“Papà, al momento della mia entrata in cda, diceva ai consiglieri: lui non conta non conta un cazzo, nessuno s'azzardi a prendere ordini da lui…”). Boss in incognito ha la solita trama, e la solita forza d'urto emotiva. Certo, se uno usasse la logica, sarebbe inverosimile pensare che il boss Eugenio – 2 metri per 100 chili- mascherato solo con occhiali e parrucca non venga riconosciuto. Certo, l'esaltazione dell'imprenditore di turno profuma di marketta. Ma, anche fosse tutto finto, non importerebbe. Importa, qui, la verosimiglianza di un grande affresco popolare: l'Italia che suda, l'Italia che reagisce , l'Italia dei buoni, quelle robe lì, insomma. L'unico difetto del programma è il cambio di conduttore: il mieloso Flavio Insinna al posto dell'ironico Costantino Della Gherardesca. Insinna rende teatrale la realtà; e in questo format già emotivamente denso, è l'unica cosa che non serve, anzi…

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