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La Berlinguer sale. E ora ridatece Vianello...

Storie di direttori esiliati in Rai

Francesco Specchia
Francesco Specchia

Francesco Specchia, fiorentino di nascita, veronese d'adozione, ha una laurea in legge, una specializzazione in comunicazioni di massa e una antropologia criminale (ma non gli sono servite a nulla); a Libero si occupa prevalentemente di politica, tv e mass media. Si vanta di aver lavorato, tra gli altri, per Indro Montanelli alla Voce e per Albino Longhi all'Arena di Verona. Collabora con il TgCom e Radio Monte Carlo, ha scritto e condotto programmi televisivi, tra cui i talk show politici "Iceberg", "Alias" con Franco Debenedetti e "Versus", primo esperimento di talk show interattivo con i social network. Vive una perenne e macerante schizofrenia: ha lavorato per la satira e scritto vari saggi tra cui "Diario inedito del Grande Fratello" (Gremese) e "Gli Inaffondabili" (Marsilio), "Giulio Andreotti-Parola di Giulio" (Aliberti), ed è direttore della collana Mediamursia. Tifa Fiorentina, e non è mai riuscito ad entrare in una lobby, che fosse una...

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Vianello e Berlinguer Foto: Vianello e Berlinguer
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Due. Due erano i direttori Rai sopravvissuti all'era glaciale di Campo Dall'Orto, destinati al risveglio professionale. Per la zarina Bianca Berlinguer e per il funaresco (nel senso di Gianfranco Funari, a cui la sua conduzione era ispirata) Andrea Vianello a viale Mazzini si doveva trovare consona sistemazione. Alla Berlinguer è andata bene. Molto bene. Il suo talk Carta Bianca all'esordio ha registrato 9.71% di share con 1.461.000 spettatori, in una fascia oraria che, all'apparenza sembrava una steppa delle buone intenzioni. Bianca la bersaniana doveva essere lasciata ad adagiarsi lì, con una striscetta informativa, sulla battigia degli ascolti; invece, in una sorta di nemesi, ha illuminato la rete. Eppure, sbaglierò, ma non credo che la direzione di Raitre faccia i salti di gioia. Certo, poi, in effetti, la frase d'incipit del programma - «Carta Bianca è un foglio senza righe e senza margini» è presa, tecnicamente un po' troppo alla lettera. Nel senso che il programma è un work in progress, mostra un plot ancora rarefatto (ritmo lento, alcuni ospiti come Arbore fuori fuoco, i reportage col sorriso di Gabriele Corsi alla Leopolda da limare parecchio) e un solco narrativo ancora indefinito da percorrere. Ma l'idea di una Linea Notte pomeridiana -buono il confronto con Ezio Mauro- ci sta tutta. E, dal punto di vista della curva d'ascolto, il fatto d'aver sottratto mezz'ora a Geo, non ha prodotto danni. Molto da lavorare, insomma, ma un debutto buono e inaspettato. Al punto che la direzione di Raitre s'è sentita in dovere di attestarsi il risultato nell'ambito di un «autunno che rispetto al 2015 fa registrare un incremento in prima serata di +0,39%», con un buon 7,4%. E il risultato è senz'altro buono. Peccato che sia un risultato attribuibile quasi esclusivamente ai programmi storici della rete, cioè quelli che Daria Bignardi non ha toccato o non ha creato. Amore criminale l'ha toccato, Politics l'ha creato, per dire. In questo momento forse per la direttora la tecnica migliore sarebbe quella che Claudio Cecchetto, riferito ai propri stagisti, chiamava della «pianta»: stai lì ferma, immobile, osserva lavorare quelli che sanno farlo, non prodigarti oltre il limite tecnico della fotosintesi. Poi agisci. Poi.  L'arte della quiescenza sapiente, insomma. A proposito di (ex) direttori di Raitre. L'altro epurato Andrea Vianello, meno «coperto» per politica  e per passato aziendale della Berlinguera, è da luglio «editorialista del Tg2», un ruolo praticamente inesistente in natura radiotelevisiva. Mai visto un editoriale di Vianello.  Il suo è un  posto farlocco, un parcheggio delle anime belle che -per carità- è sempre meglio dello stambugio a viale Mazzini in cui aveva vissuto i primi mesi da trombato: l'ufficio-loculo di Azzalini, l'ex capostruttura fatto fuori per la leggedaria faccenda del Capodanno taroccato. Una location toccata da leggera sfiga, tra l'altro. Vianello, traslocato da poco nelle segrete di Saxa Rubra,  non ha perso il sorriso. Ma fa un po' specie che uno che è non solo un dirigente ma un autore-anchorman tra i più dotati in circolazione stia lì a scaldare la sedia. E con uno stipendio -pesante- pagato da noi.  C'era bisogno di arruolare  conduttori o direttori dello sport esterni, quando uno bravo per l'uno o l'altro ruolo (Vianello nello sport è un drago, sul resto ne possiamo parlare...)  già l'avevi in casa? La domanda soffia nel vento dei corridoi perduti della Rai. Solita procedura. Ed è questa la tristezza. Nella Rai dove tutto doveva cambiare, il passato resta una salda certezza...

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