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Il finale deludente di Schiavone, sbirro alla Philip Marlowe

La serie (bella) di Raidue

Francesco Specchia
Francesco Specchia

Francesco Specchia, fiorentino di nascita, veronese d'adozione, ha una laurea in legge, una specializzazione in comunicazioni di massa e una antropologia criminale (ma non gli sono servite a nulla); a Libero si occupa prevalentemente di politica, tv e mass media. Si vanta di aver lavorato, tra gli altri, per Indro Montanelli alla Voce e per Albino Longhi all'Arena di Verona. Collabora con il TgCom e Radio Monte Carlo, ha scritto e condotto programmi televisivi, tra cui i talk show politici "Iceberg", "Alias" con Franco Debenedetti e "Versus", primo esperimento di talk show interattivo con i social network. Vive una perenne e macerante schizofrenia: ha lavorato per la satira e scritto vari saggi tra cui "Diario inedito del Grande Fratello" (Gremese) e "Gli Inaffondabili" (Marsilio), "Giulio Andreotti-Parola di Giulio" (Aliberti), ed è direttore della collana Mediamursia. Tifa Fiorentina, e non è mai riuscito ad entrare in una lobby, che fosse una...

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Il cast di Rocco Schiavone Foto: Il cast di Rocco Schiavone
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Una pistola gettata in un letto d'acqua in un'ansa valdostana, proprio mentre la tua cagnetta ti osserva interdetta; e un killer spietato -al quale, pare, hai ammazzato il fratello il quale aveva trucidato tua moglie - ti sta sul collo. Il suddetto finale di Rocco Schiavone (Raidue, mercoledì prime time), fiction sul Philip Marlowe dei vicequestori italiani, è deludente quanto la crisi di governo. Ma, ad onore del vero, è l'unica cosa deludente dell'intera serie. Il resto dell'ultima puntata è stato un adrenalico avvicendarsi di situazioni estreme: l'omicidio barbaro dell'amica Adele, la ricerca in stile quasi mafioso dell'omicida Enzo Baiocchi; il riaffiorare prepotente del ricordo della raffica di piombo sulla moglie di Schiavone (la quale, affiora sempre ogni fine puntata, in stile spettro shakespeariano); gli amici sbirri che aiutano l'eroe stizzoso nella vendetta personale, e all'insaputa dei superiori, peraltro paranoici nel loro esasperato senso del dovere («siamo due disperati, dottore, non so chi di noi due sta meglio...»). Rocco Schiavone è la vera sorpresa di stagione della fiction seriale italiana. C'è della poesia antica in Schiavone. C'è Marlowe, appunto, ma pure il commissario Ingravallo di Gadda, o il commissario Betti dei film di Maurzio Merli, o persino un pizzico del cinismo di Montalbano. Schiavone è il poliziotto che fuma in ogni ambiente possibile - compresi gli spinelli all'alba, «la preghiera laica del mattino»- ; che t'infila la pistola sotto le narici senza pensarci troppo; che si muove con piglio burbero alla Bogart, sempre in Loden e Clark; che, nonostante una vischiosa solitudine e il cuore tenero, si fa almeno una donna in ogni puntata, esclusa una vecchietta con l'Alzheimer, ma compresa una prostituta di lusso a 400 euro a botta che non so ancora se mette a piè di lista del commissariato. Tratto dai bestseller di Antonio Manzini, il personaggio interpretato da Marco Giallini rimane uno dei migliori sulla piazza. Il suo 13% di share con 3 milioni di spetattori è strameritato. Onore anche a Ilaria Dallatana, direttore di Raidue che sta riattivando e riconvertendo il pubblico della rete (anche con altre novità: il programma di Mika, o lo stesso Nemo ottimo nella stesura giornalistica e in continuo miglioramento). Rimane un finale del cavolo, incompresibile. Se non si pensasse -ovvio- a una necessaria seconda serie...

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