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Agorà, Gabanelli e la modesta proposta sull'immigrazione

Come risolvere il problema migranti dalla tv

Francesco Specchia
Francesco Specchia

Francesco Specchia, fiorentino di nascita, veronese d'adozione, ha una laurea in legge, una specializzazione in comunicazioni di massa e una antropologia criminale (ma non gli sono servite a nulla); a Libero si occupa prevalentemente di politica, tv e mass media. Si vanta di aver lavorato, tra gli altri, per Indro Montanelli alla Voce e per Albino Longhi all'Arena di Verona. Collabora con il TgCom e Radio Monte Carlo, ha scritto e condotto programmi televisivi, tra cui i talk show politici "Iceberg", "Alias" con Franco Debenedetti e "Versus", primo esperimento di talk show interattivo con i social network. Vive una perenne e macerante schizofrenia: ha lavorato per la satira e scritto vari saggi tra cui "Diario inedito del Grande Fratello" (Gremese) e "Gli Inaffondabili" (Marsilio), "Giulio Andreotti-Parola di Giulio" (Aliberti), ed è direttore della collana Mediamursia. Tifa Fiorentina, e non è mai riuscito ad entrare in una lobby, che fosse una...

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Milena Gabanelli ha un'approccio spiccio -talora urticante- con le notizie. Snocciola dati e inchieste terribili e sembra sempre sul punto di sollevarti per le narici. E il suo Report, il lavacro penitenziale di una nazione, può piacere o non piacere; ma -salvo qualche scivolata- insuffla la flebile speranza in un mondo migliore. L'altra sera Milena era ospite a Agorà Duemiladiciassette (Raitre, martedì prime time). Intervistata dall'ottimo Gerry Greco, Milena era in modalità difensore civico; e raccontava la sua pazza idea per risolvere il problema dei 180mila migranti che scorrazzano in Italia. «Arriva la crisi di rigetto a vedere ogni volta il profugo, il sottopasso dove dorme, la tendopoli, le manifestazioni di quartiere», diceva lei «allora io ho pensato alle caserme dismesse. Perchè non le rimettiamo a posto per l'identificazione?». L'idea è che tanto i migranti sdraiati per le strade già ce li abbiamo; e allora tanto vale ospitare solo i richiedenti asilo (ma «non ci devono voler due anni per identificarli») in 200 luoghi tra caserme dismesse ex ospedali, resort sequestrati alla mafia; e istruirli e curarli e dargli uno status giuridico e un buon italiano obbligatorio da parlare e un buon mestiere da fare; e, così formati, spedirli davvero in Europa, dove «ce li prenderebbero, abbiamo parlato col commissario all'immigraione Avramopoulos» . Naturalmente i 4,5 miliardi occorrenti per ristrutture e assumere personale per il progetto ce li faremmo pagare direttamente dall'Europa, alla quale toglieremmo le castagne dal fuoco, col «lavoro sporco, tanto hub europeo dell'immigrazione già lo siamo...». Per un attimo Greco è impallidito; e il suo leggendario lessico a mitraglia s'è inceppato: «Questa la diremo a Salvini...». «Oh, ma io con Salvini ci ho già parlato», l'ha subito rintuzzato Milena, insistendo nella sua proposta che «trasforma il dramma in opportunità». E, di seguito, è partito un servizio sulle case popolari date agli extracomunitari nel romanissimo quartiere San Basilio con un tizio che urlava: « A mì moje con un fijjio de tre mesi gliel'hanno dato a quattri negri..!». Chiamasi servizio pubblico. Ora, fermo restando che sarebbe meglio una bella sfoltita ai clandestini secondo -inapplicata- dottrina Juncker, io trovo il progetto Gabanelli mirabile e realistico e repressivo della cosiddetta mafia della cooperazione. Tanto mirabile e realistico che, infatti, non se ne parla...

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