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Lo (scontato) dietro le quinte di Macron

Il documentario Sky ben fatto ma telefonato

Francesco Specchia
Francesco Specchia

Francesco Specchia, fiorentino di nascita, veronese d'adozione, ha una laurea in legge, una specializzazione in comunicazioni di massa e una antropologia criminale (ma non gli sono servite a nulla); a Libero si occupa prevalentemente di politica, tv e mass media. Si vanta di aver lavorato, tra gli altri, per Indro Montanelli alla Voce e per Albino Longhi all'Arena di Verona. Collabora con il TgCom e Radio Monte Carlo, ha scritto e condotto programmi televisivi, tra cui i talk show politici "Iceberg", "Alias" con Franco Debenedetti e "Versus", primo esperimento di talk show interattivo con i social network. Vive una perenne e macerante schizofrenia: ha lavorato per la satira e scritto vari saggi tra cui "Diario inedito del Grande Fratello" (Gremese) e "Gli Inaffondabili" (Marsilio), "Giulio Andreotti-Parola di Giulio" (Aliberti), ed è direttore della collana Mediamursia. Tifa Fiorentina, e non è mai riuscito ad entrare in una lobby, che fosse una...

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Macron at work Foto: Macron at work
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Non v'è  politico, oggi, nella Francia dell'europeismo e dell'orgoglio ritrovati, più spudoratamante mediatico di Emmanule Macron. Guardatevi Macron: dietro le quinte di una vittoria, l'instant documentary sulle Presidenziali francesi andato in onda su Sky TG24 HD e Sky Atlantic -ora on demand-, e ne avrete la palpabile sensazione. Il nuovo Presidente di Francia espettora orgoglio come un piccolo De Gaulle - tutti i presidenti partono con l'essere De Gaulle e si limitano a somigliare aMitterand- ; ma poi si mostra come un eversore gentile, un sorta di Grillo che ha fatto l'Ena. Macron è un talento nel fare entare le telecamere nella sua dimensione del Reale. Macron brilla per gesti automatici: abbraccia e bacia la moglie Brigitte in qualsiasi momento, luogo e posizione e ne cerca l'insidacabile consenso («Come sono andato, cherie?» «Ne parliamo dopo, in privato») ; coccola i suoi più stretti collaboratori, nell'orgoglio dei moschettieri di Dumas («Ci sono molte persone che si uniranno a noi, bisognerà governare con molta gente che non era con noi fin dall'inizio voi dovrete perdonarmi questo: perchè riunire è allargare»); mangia negli autogrill come un Salvini qualsiasi; si immerge in un crocchio incazzoso di operai nonostante il disdoro dei bodyguard; spara fucilate sugli avversari («Lei è davvero insopportabile» si lascia sfuggire l'avversaria Marine Le Pen durante il dibattito tv); ripete il suo discorso di ringraziamento da solo, in camerino, davanti allo specchio,  un Pierrot cazzuto all'Eliseo, e prima ancora di sapere di dover ringraziare. Macron descrive tutta la sua irresistibile ascesa, dal movimento En Marche! alla presidenza, in un vivido backstage; lo fa , attraverso  immagini in presa diretta, senza commenti e voce narrante e con la regia puntuale di Yann L'Hénoret, ovviamente embedded. Quel che ne esce è un racconto muto tra stress e risate, reazioni e strategie in risposta alle dichiarazioni degli avversari politici, caffè ingollati nel tripudio  del post- vittoria. Un esprit agiografico ben confezionato, senz'altro. Emblematica e patinatissima  l'immagine dei piedi di Emmanule e di Brigitte (lei in tacco viola) contemporaneamente  nell'urna. Macron: dietro le quinte di una vittoria è un buon prodotto documentaristico,. Ma la narrazione è vecchia come il cucco. Dal film di Micheal Ritchie Il candidato ('72)  in poi, la parabola dell'ousider che s'arrampica sul tetto del mondo ci è stata servita in tutte le salse. Qui la storia ha una sua rigorosa grammatica, ma è fredda, manca un po' d'anima. Come, forse, monsieur Le President.            

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