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#farweb, il (bel) racconto dell'odio

Il programma di Raitre sugli odiatori del web

Francesco Specchia
Francesco Specchia

Francesco Specchia, fiorentino di nascita, veronese d'adozione, ha una laurea in legge, una specializzazione in comunicazioni di massa e una antropologia criminale (ma non gli sono servite a nulla); a Libero si occupa prevalentemente di politica, tv e mass media. Si vanta di aver lavorato, tra gli altri, per Indro Montanelli alla Voce e per Albino Longhi all'Arena di Verona. Collabora con il TgCom e Radio Monte Carlo, ha scritto e condotto programmi televisivi, tra cui i talk show politici "Iceberg", "Alias" con Franco Debenedetti e "Versus", primo esperimento di talk show interattivo con i social network. Vive una perenne e macerante schizofrenia: ha lavorato per la satira e scritto vari saggi tra cui "Diario inedito del Grande Fratello" (Gremese) e "Gli Inaffondabili" (Marsilio), "Giulio Andreotti-Parola di Giulio" (Aliberti), ed è direttore della collana Mediamursia. Tifa Fiorentina, e non è mai riuscito ad entrare in una lobby, che fosse una...

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Far Web Foto: Far Web
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  Ci vuol poco «a trasformare il dissenso via web in odio». Ci vuol molto -in termini di rigore d'indagine e puntiglio di cronaca- ad infilare quell'odio in un format di servizio pubblico. È quasi uno spreco piazzare in terza serata #farweb - Tutti contro uno (Raitre, mercoledì), il programma in cui il giornalista Federico Russo, -una specie di Simon Wiesenthal dei social network- gira il mondo per stanare gli haters, gli odiatori di Internet . All'inizio pensavo che fosse ardito mescolare la storia di una cacciatrice spagnola spinta al suicidio -con tanto di funerea intervista ai parenti- , ai cortei degli ultrà animalisti inferociti contro il palio di Montagnana al grido di «l'unico cacciatore buon è quello morto!». Così come ritenevo morboso rimestare nel caso dell'omicidio stradale di Vasto, in cui un marito ammazzò l'investitore della moglie, con tanto di intervista a coomento, fatta a un avvocato paraplegico e vendicativo estratto di peso da un film di Oliver Stone. Metteteci anche la scoperta di un gioco folle che inizia da una app , “This crush”- che invita a sputtanare il prossimo; e finisce in un vero combattimento tra ragazzine adolescenti. E aggiungeteci la creazione grottesca di una Shit Storm, di «una tempesta di merda» che si scatena, ad arte, contro profili Facebook scelti a caso, tra foto raccapriccianti, commenti orribili, minacce di morte, nella risacca del web oscuro. Aggiungeteci le interviste -nascoste dietro una maschera- a gente matta che passano il tempo a distruggere le vite degli altri. Insomma, affastellando tutto questo in un girato romanzesco, mi aspettavo la solita denuncia frustrante sul filo della Rete. E un po'#farweb  lo è. Il senso d'impotenza che ti assale nel visionarlo, è palpabile. Però, la differenza con i soliti servizi su Internet cattivo sta nel racconto. Ruffo possiede una potente capacità di narrazione. Non prende posizione, fa domande e sono quelle giuste. E la storia emerge tra le pieghe del dramma e della tenerezza. Uno stile che ricorda molto quello di un altro tosto, Domenico Iannacone. Certo, chiudere la puntata sul nonno cacciatore «che però mi ha insegnato l'amore» è un po' paraculo. Ma gira che è una meraviglia...

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