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Hillary, il contrappasso della femminista: travolta da un maschio, socialista e vecchio

Glauco Maggi
Glauco Maggi

Giornalista a NYC per Libero, autore di Figli&Soldi (2008), Obama Dimezzato (2011), Guadagnare con la crisi (2013), Trump Uno di Noi (2016). Politica ed economia. Autori preferiti: Hayek, M.Friedman, T.Sowell

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C'era una volta il femminismo come arma di Hillary. Eppure nel 2008 l'essere donna, ed ex First Lady nientedimeno, non le basto' a battere il ”primo nero presidente”. La correttezza politica americana ha le sue regole e priorita', e il dare sollievo al senso di colpa bianco per il deplorevole bagaglio storico di schiavismo-segregazionismo-razzismo che gravava sull'America ha avuto la precedenza sulle rivendicazioni del sesso debole. Sara' per la prossima volta, aveva masticato amaro Hillary, tranquillizzata dal calcolo su quanti anni avrebbe avuto nel 2016. Ora nel 2016 ci siamo, e la Clinton sta scoprendo che lo slogan “saro' la prima donna presidente” non e' una cambiale. L'elettorato, addirittura quello del suo stesso partito, la sta contestando. In Iowa, Sanders ha strabattuto la Clinton per 84 a 14 (70 punti!!) tra le elettrici sotto i 30 anni, e l'ha superata significativamente, per 53 a 42, anche tra le donne dai 30 ai 44 anni. In New Hampshire il “leso femminismo” di Hillary si e' aggravato: tra le donne sotto i 45 anni, 35 hanno scelto lei e 64 lui, il vecchio 74enne socialista (che pure da giovane scrisse un romanzetto erotico che trasudava sessismo maschilista). L'unica vittoria di Hillary tra le donne e' piu' un imbarazzo che un successo: in Iowa ha raccolto il 76% del voto femminile, contro il 22% per Bernie, tra le Democratiche con oltre 65 anni. Hillary di anni ne avra' 69 in novembre, e quando fece la spiritosa nel comizio di apertura della sua campagna la primavera scorsa (le avevano detto che doveva essere piu' “spontanea “ e “naturale”) parlo' dei suoi capelli tinti e delle gioie di essere neononna. Ma la gerontofilia le ha poi giocato un brutto scherzo: volendo lanciare un messaggio “femminista doc”, ha pensato, che cosa c'e' di meglio che invitare ad un mio rally l'icona del movimento femminista, Gloria Steinem, 81 anni? Ma la Gloria (passata) ha avuto un paio di uscite terribili. Rivolta alle giovani fans di Sanders, ha detto che “vanno dietro di lui per andare dietro ai ragazzi”. E' la battuta che ricorda quella degli “angeli del ciclostile” dei tempi di Capanna: cosi' erano definite le studentesse del Movimento che occupavano le universita' per essere rimorchiate. Ma alle seguaci di Trump la Steinem ha sibilato di peggio: a loro piace il Donald per i soldi che ha. “Se perdesse il portafoglio non ci sarebbero piu' donne attorno a lui”, ha detto alla rivista Women's Health. A far coppia con la Gloria (passata) la campagna di Hillary ha invitato Madeleine Albright, 78 anni, monumento della politica USA essendo stata la prima segretaria di Stato donna, sotto Bill Clinton presidente. Sorvolando sul fatto che, lasciata Washington, Madeleine ha fatto la carriera a Wall Street ed e' ancora ora presidentessa dell'Albright Stonebridge Group (ASG), societa' di consulenza d'affari per multinazionali e istituzioni finanziarie (cioe' il “diavolo”, oggi, per i DEM), che cosa non e' andata a dire la vetusta amica, sul palco, di fianco alla candidata bisognosa di aiuto? “All'inferno c'e' un posto riservato per le donne che non aiutano le altre donne!”. In una sola frase, ha demonizzato tutte le donne, vecchie e giovani, che non sono per Hillary ma sono per Bernie, senza considerare quelle che sono per altre candidate donne, visto che c'e' pure Carly Fiorina nel GOP. Ma, si sa, e' sempre stato un classico della sinistra fare le “battaglie di principio” in modo selettivo. Le donne sono da difendere solo se stanno nel partito giusto  (vale per i DEM in America come per i partiti di sinistra in Italia). Condolezza Rice, a causa di essere repubblicana, non e' mai stata “donna” abbastanza, e neppure “nera”, anche se e' stata la prima afro-americana a diventare Segretario di Stato. La penosa vicenda delle due antiche colonne che dovevano sostenere la Clinton si e' ritorta contro di lei. “Le bulle-mammut di Hillary”, le ha chiamate il Post. E Dick Morris, ex consulente di Bill Clinton da anni convertito conservatore, le ha irrise come “due invecchiati fossili del femminismo che hanno minacciato le donne giovani”. Ma non e' stato solo un autogol tattico, che e' il giudizio unanime tra i commentatori, anche di sinistra. E' stato il sintomo di un qualcosa che si e' rotto nel meccanismo del consenso “liberal femminista”, che fino a qualche tempo fa non mostrava incrinature. Era su quella “solidarieta' a prescindere” che faceva affidamento la Clinton, ma nel corso di questa campagna ha imparato che non e' piu' cosi'. Quando ha cercato di attaccare Trump come “sessista”, Donald non ha esitato a replicare: “Non ti permettere di giocare la carta del genere con me con il marito che hai. Bill ha una storia terribile di abusi sulle donne”. Varie amanti di Clinton, avute prima in Arkansas e poi alla Casa Bianca, sono tornate di recente alla ribalta per accusare Hillary che le aveva calunniate per difendere il marito, e la propria carriera. Il femminismo “storico” delle Glorie e delle Madelaine aveva eretto un muro di protezione a tutela della immagine di Hillary, e della sua carriera da senatrice. Adesso la “regina e' nuda”,  perche' le nuove generazioni di giovani donne sono piu' indipendenti e libere. Considerano una gabbia il femminismo doc solo se e' clintoniano, e sono offese all'idea che una donna, di per se', meriti la presidenza. “Sono qui perche' sostengo Sanders e non per cercare ragazzi”, ha detto a un comizio del senatore l'attrice e modella Emily Ratajkowski. E poi una stoccata che chiude l'era del femminismo di maniera: “Io voglio che la prima presidente donna sia piu' che un semplice simbolo”. di Glauco Maggi  twitter @glaucomaggi

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