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Povera Carly, ridotta a vicedel già strabattuto Ted Cruz

Glauco Maggi
Glauco Maggi

Giornalista a NYC per Libero, autore di Figli&Soldi (2008), Obama Dimezzato (2011), Guadagnare con la crisi (2013), Trump Uno di Noi (2016). Politica ed economia. Autori preferiti: Hayek, M.Friedman, T.Sowell

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Ted Cruz lo si puo' capire. Ma a Carly Fiorina chi glielo ha fatto fare di accettare di essere la seconda in un ticket-fantasma? Non le e' bastato aver perso in febbraio, quando si e' dovuta ritirare per l'assenza di sostenitori? Perche' ha voluto passare dall'essere una candidata ritiratasi dignitosamente al fare la figura patetica della perdente seriale predestinata? Aveva gia' messo nel curriculum personale la sconfitta nella corsa a senatore della California qualche anno fa, ma almeno quella, al pari della partecipazione sfortunata alle primarie di quest'anno, era stata una battaglia vera. E va bene pure l'aver dato, in marzo, l'endorsement ufficiale a Cruz. La partita era ancora aperta e si sa che e' perfettamente legittimo, per chi via via abbandona la corsa, accasarsi per simpatia e affinita' ideologica, o per calcolo di carriera, con chi e' restato in lizza. L'hanno fatto Chris Christie e Ben Carson con Trump, e Jeb Bush e Lindsay Graham, assieme a Carly, con Cruz. Ci sta, questa e' la politica. Non a caso Donald, due giorni fa, ha anticipato che ne vedremo delle belle; che altri personaggi, fin qui insospettati perche' lo avevano criticato ferocemente tempo fa, sono pronti, ansiosi, di salire sul suo carro. Ma qui sta la differenza tra chi sa di essere il virtuale nominato e chi sa di essere il sostanziale sconfitto. Trump ha detto che non e' tempo di rivelare alcuna “assunzione” nel proprio governo, perche' queste mosse vanno realizzate pensando a come ottimizzare la squadra in vista di novembre, una volta messa il tasca la nomination. Le scelte dello staff di governo, a partire dal vice, devono soddisfare esigenze disparate, e la prima e piu' scontata e' di allargare l'appeal della campagna per lo scontro finale. Fiorina, invece, e' molto conservativa e religiosa, ideologicamente un doppione di Ted, e non ha alcun legame con l'Indiana. L'unica caratteristica che ha di diverso e' che e' una donna, ma cio' non le e' bastato per conquistare le repubblicane nelle primarie in febbraio, e neppure ad aiutare poi Cruz da quando lo ha ufficialmente appoggiato, anche facendo diverse apparizioni al suo fianco ai comizi. Il senatore texano e' disperato dopo aver perso malissimo a New York e nei cinque stati del Nord Est, con Trump che ha preso il volo con maggioranze assolute tra il 55% e il 62%, e sa che le primarie in Indiana di martedi' 3 maggio sono la sua “Fort Alamo”. Cosi', firmato il pateracchio del “patto di non aggressione” con Kasich che si e' sciolto prima di cominciare e che ha regalato un assist a Donald (un atto di “collusione” e un segno di “disperazione”, ha detto), Ted ha bruciato i tempi, e la logica politica, battezzando Carly la sua numero Due. L'intento dell'annuncio, con tanto di cartelli “CRUZ-FIORINA ‘16” distribuiti ai suoi fans, era evidentemente di interrompere il “ciclo delle notizie” tutto favorevole a Trump sulla base dei suoi successi veri alle urne, e di far parlare di Ted nei pochi giorni che mancano all'Indiana. Le TV e i giornali hanno ovviamente, e doverosamente, riportato la conferenza-stampa con il “fatto nuovo” mercoledi' in diretta, e poi giovedi' ci sono stati i commenti. Piu' di sconcerto che di approvazione. Nemmeno gli editorialisti del Wall Street Journal, tra i piu' acerrimi critici di Trump, sono stati teneri con Cruz per il ticket. “Il retorico conservativismo della Fiorina rafforza una delle sue debolezze, perche' come nominato Ted dovrebbe convincere l'ala moderata e gli indipendenti per avere una chance a novembre. E, poi, perche' escludere la possibilita' di nominare Marco Rubio (utile in Florida) o John Kasich (in Ohio)? L'altro rischio e' che scegliere il numero due cosi' lontani da Cleveland rimuove la chance di usare la scelta del vice come moneta di scambio se ci sara' una convention contestata. Fiorina non ha delegati da cedere al senatore texano, mentre Rubio e Kasich ne hanno. La scommessa del vice dimostra che Cruz si e' convinto che Cleveland non conta nulla se non ce la fa in Indiana”. Ted e' all'ultima spiaggia, e lo sa. Ecco, forse e' la compassione per lui che ha spinto Carly ad accettare di fare il “record”, come l'ha ridicolizzato Trump: “E' la prima volta nella storia d'America che un candidato matematicamente escluso dalla possibilita' di vincere nomina il suo vice”. E che questo accetta. di Glauco Maggi

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