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Costituzione, aborto e diritto alle armiCosì Trump ha sorpassato Hillary

Glauco Maggi
Glauco Maggi

Giornalista a NYC per Libero, autore di Figli&Soldi (2008), Obama Dimezzato (2011), Guadagnare con la crisi (2013), Trump Uno di Noi (2016). Politica ed economia. Autori preferiti: Hayek, M.Friedman, T.Sowell

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I cinque piu' recenti sondaggi sui faccia a faccia tra Clinton e Trump, tenuti dopo che il repubblicano si e' virtualmente assicurato la nomination, hanno avuto un trend univoco, la crescita di Donald rispetto ad Hillary. Anche quelli di NBC News/WSJ e di CBS News/New York Times, che danno ancora la Clinton davanti, rispettivamente di 3 e di 6 punti, segnalano un netto recupero di Trump rispetto ai sondaggi precedenti delle stesse testate. ABC News/Washington Post, con 2 punti, Fox News con 3, e Rasmussen Reports con 5 hanno invece gia' registrato la conquista della prima posizione da parte del candidato del GOP. Il risultato complessivo e' che, per la prima volta nella campagna presidenziale, la media mobile dei sondaggi curata da RCP ha visto il sorpasso di Trump, con il 43,4% della media nazionale delle preferenze, rispetto a Hillary scesa a 43,2%. Sono solo decimali, ma il traguardo raggiunto da Trump e' ragguardevole. Da una parte e' il simbolo della progressiva unita' nel partito, che nessuno nega piu'. E che non e' solo il prodotto delle vittorie nelle primarie di Trump, che lo hanno ormai accreditato come l'unico bastione che puo' sbarrare il passo alla Hillary. Due mosse politiche del miliardario newyorkese hanno contribuito alla conquista dei cuori di molti conservatori che non si fidavano del suo supposto liberalismo su tre temi particolarmente importanti per l'ala piu' conservatrice del GOP: la difesa della Costituzione, le politiche pro vita (aborto), e l'intoccabilita' del Secondo Emendamento (il diritto di portare le armi). Sui primi due punti Trump ha fatto centro elencando una squadra di 11 giudici tra cui scegliera' il sostituto dello scomparso Antonin Scalia: sono tutti del suo stesso orientamento conservatore e garantiranno che la prossima Corte Suprema non passera' in mani liberal, fatto certo se a vincere sara' la Democratica. Hanno applaudito la lista di Trump in tanti non sospetti di trumpismo, dagli editorialisti del Wall Street Journal allo Speaker della Camera Paul Ryan, che lo ha definito “un ottimo passo nella direzione giusta”. Sulle armi, Donald (che ne possiede una) ha partecipato alla Conferenza della NRA (National Rifle Association), che gli ha ufficialmente dato il suo potente sostegno: l'associazione conta 5 milioni di iscritti e difende gli interessi del “mondo delle armi”, dai cacciatori ai privati possessori per difesa personale fino alle aziende produttrici che non mancheranno di finanziarlo in autunno per la sfida contro Hillary, che e' anti-armi come Obama. Il processo di accettazione di Trump dal popolo repubblicano sta quindi accompagnando la sua ascesa nei sondaggi, e resta da vedere se ha gia' fatto il pieno o se ha altri margini di crescita. Sull'altro fronte Hillary e' in difficolta' nei numeri perche' Sanders insiste nella sua corsa e galvanizza i suoi fans. La grande incognita e' quindi che cosa succedera' quando i giochi nei DEM saranno fatti, alla Convention di Filadelfia. La vincitrice certa (per ora, aspettando l'FBI) e' lei, e i sandersiani dovranno decidere se fare come molti dei “NeverTrump” hanno gia' fatto, ossia “convertirsi”. Hillary non potra' ripulirsi facilmente dalla macchia di essere la “candidata della Goldman Sachs”, e il fatto di essere “la prima donna presidente” sta forse perdendo la valenza oggettiva che prometteva di avere un anno fa. I seguaci estremisti di Sanders, e molti Democratici liberal, sono semmai affascinati dall'idea di mandare alla Casa Bianca “ il primo socialista presidente”. Hillary ha problemi insormontabili nel convergere al centro, insomma, perche' la passione e l'energia nel suo partito e' tutta per la sinistra redistributiva in economia e per l'ostilita' ai patti di commercio internazionali, su cui i sindacati pro DEM sono intransigenti. A questo proposito e' divertente assistere alle reticenze, anzi alle menzogne, dei tifosi di Hillary, per la verita' piu' in Italia che non negli Usa. Attaccano Trump perche' ha detto di voler ridiscutere i patti gia' in essere (come la Nafta) e quelli ancora da approvare (come la Trans-Pacific-Partnership, TPP, con Giappone e altri paesi del Pacifico) quasi fosse lui solo il retrogrado anti-free trade. La stessa posizione ce l'ha Sanders, da sempre. Ma ce l'ha anche Hillary, che ha fatto il flip flop da molti mesi: era con il marito Bill presidente quando fu creata la Nafta (con Canada e Messico), ma ora dice che va rivista; e quanto alla TPP ha fatto di peggio. Da segretaria di Stato di Obama Hillary l'aveva sostenuta ma ora non piu'. Scrive sul New York Times David Shribman, in un articolo filo-DEM non sospetto dal titolo “Come salvare il Clintonismo”: “Hillary, che una volta aveva descritto la Trans-Pacific-Partnership negoziata da Obama come ‘lo standard d'oro' dei patti internazionali di commercio, ora ha ritirato il suo supporto”. Cioe' dice quello che sostengono Trump e Sanders. La malafede di chi, difensore delle buone ragioni del free trade (e ce ne sono), condanna pero' solo Trump per questa posizione e' ovviamente guidata dal tifo per Hillary. Eppure, per chi e' onesto nel giudicare i fatti e le persone, non dovrebbe esserci alcuna “assoluzione a prescindere” per la Clinton. O quello che dice e' quello che pensa, quindi e' sulla stessa posizione di Trump e Sanders. Oppure mente, e dice qualsiasi cosa per essere eletta (In effetti il 66% degli americani non si fidano di lei e sono convinti che sia una bugiarda). Un bel dilemma, che lasciamo ai fans della candidata piu' corrotta (lo pensano il 49%, contro il 37% che lo pensa per Trump). di Glauco Maggi

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