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Il primo aprile di Donald Trump: la grande sfida

Glauco Maggi
Glauco Maggi

Giornalista a NYC per Libero, autore di Figli&Soldi (2008), Obama Dimezzato (2011), Guadagnare con la crisi (2013), Trump Uno di Noi (2016). Politica ed economia. Autori preferiti: Hayek, M.Friedman, T.Sowell

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Per Trump c'e' una nuova sfida che scatta il primo aprile, e non e' un pesce:  “Make United Nations Great Again” . Naturalmente, il presidente l'affrontera' secondo la sua filosofia di estrema diffidenza delle organizzazioni internazionali in generale, e dell' ONU in particolare. Sacrosanta diffidenza, vista la vergognosa realta' attuale degli abusi, degli sprechi e delle inefficienze al Palazzo di Vetro.  “Le Nazioni Unite hanno un cosi' grande potenziale ma ora come ora sono solo un club per gente che sta insieme, parla e si diverte. Che tristezza!'”aveva twittato Trump poco prima del voto l'anno scorso. Poi, vinte le elezioni, a gennaio era uscita la bozza di un ordine esecutivo dal titolo “Fare l'auditing e ridurre i fondi americani agli enti internazionali”. Nel testo, si indicava una diminuzione del 40% dei finanziamenti agli enti sovranazionali, compresa l'ONU. E il 16 marzo il direttore del budget della Casa Bianca, Mick Mulvaney, ha confermato, senza fare cifre, che “l'amministrazione Trump avrebbe ridotto i fondi per le Nazioni Unite e per i vari programmi di aiuti all'estero.” Perche', dunque, il mese entrante diventa un appuntamento davvero rilevante per il “meno globalista” dei presidenti USA in tema di ONU? Perche', grazie alla rotazione mensile della presidenza del Consiglio di Sicurezza, il seggio di comando tocca fra due giorni a Nikki Haley, rappresentante permanente all'ONU per gli Stati Uniti. La carica non e' simbolica, affidando a chi la copre il ruolo di dettare la priorita' dei problemi da discutere e l'indirizzo da imprimere per la loro soluzione. Cosi' ieri Haley, al Council on Foreign Relations di New York, ha letto il discorso di insediamento, preparato per i colleghi ambasciatori dell'ONU, che costituisce il manifesto di Trump per aggiustare l'Onu. Questi i punti salienti. *Due settimane fa, quando una agenzia dell'ONU aveva prodotto l'ennesimo rapporto ridicolmente di parte per attaccare Israele, siamo stati in grado di lavorare con il Segretario Generale per farlo ritirare. E il capo di quella agenzia si e' dimesso. L'episodio va al cuore di cio' che va cambiato all'Onu. Tanti dollari e tante ore di lavoro spesi per produrre un rapporto falso e diffamatorio. Tante energie ed emozioni buttate via per le stesse vecchie cose. Intanto, all'ONU sfugge il crescente scontento – e la crescente sfiducia tra i popoli che dovrebbe rappresentare. E' un fatto che un'ondata stia montando nel mondo. E' un'ondata di populismo che sta sfidando le istituzioni come le Nazioni Unite e le scuote dalle fondamenta. Tanta gente e' disperata. Troppi devono fronteggiare ingiustizie, genocidi, fame e corruzione e si sentono senza potere. Troppa gente freme anche solo per essere ascoltata. *L'ONU deve saper gestire questa crescente ondata di scontento. Io sono venuta qui con lo scopo di mostrare al popolo americano che “valore” ha il nostro investimento in questa istituzione. E quando dico “valore” non sto parlando primariamente di bilanci. Sto parlando di rendere l'ONU uno strumento efficace in rappresentanza dei nostri valori. Gli Usa sono la coscienza morale del mondo e non ci tireremo indietro da questo ruolo. Ma insisteremo affinche' la nostra partecipazione all'ONU onori e rifletta questo ruolo. Se non possiamo parlare a nome di Mohammed Bouazizi (il commerciante di strada tunisino, vessato dalla polizia corrotta, che si immolo' dando il via alla primavera araba NDR) e di Neda (la giovane iraniana di 26 anni che fu uccisa per la sua partecipazione alla “rivoluzione verde” contro le repressioni del regime di Teheran NDR), allora non ha senso rimanere qui. * Puo' sorprendere molti americani l'apprendere che le violazioni dei diritti umani non sono state considerate un soggetto appropriato di discussione nel Consiglio di Sicurezza. Questa e' una regola creata dal club. Il CdS non ha mai avuto una sessione focalizzata esclusivamente sui diritti umani. Ci sono state riunioni focalizzate su situazioni singolari in particolari paesi, ma mai un meeting e' stato dedicato alla questione piu' generale di come gli abusi dei diritti umani possono portare a rotture nella pace e nella sicurezza delle nazioni. Il modo di ragionare all'ONU e' che la pace e la sicurezza sono il solo business del CdS, mentre i diritti umani sono lasciati, separati, ad altri. L'esigenza di cambiare questo approccio non e' solo una questione di moralita', sebbene la moralita' dovrebbe spingere tutti  noi  a proteggere la dignita' umana di base. E' proprio una questione legata a quella pace e sicurezza che il CdS  ha la responsabilita' di promuovere. *Il fatto e' che pace e sicurezza non possono essere raggiunti in isolamento dai diritti umani. In casi dopo casi, gli abusi dei diritti umani non sono una conseguenza dei conflitti, ma parte e causa dei conflitti. Due esempi. La Corea del Nord forza i prigionieri politici a lavorare fino a morire nelle miniere di carbone per finanziare il suo programma nucleare di aggressione. L'Intelligence siriana usa la tortura, compresa la deliberata e sistematica tortura dei bambini, per identificare ed eliminare gli avversari politici. E forze pro-governative, sempre in Siria, hanno sistematicamente attaccato infrastrutture civili, compresi gli ospedali. *E' arrivato il tempo per il Consiglio di Sicurezza (CdS) di tener conto esplicitamente della connessione tra i diritti umani e la sicurezza. Intendiamo sfidare gli stati membri ad agire e non solo a parlare di diritti umani. Vedremo i paesi che tireranno fuori le solite vecchie scuse. *Presenteremo una visione complessiva su come le missioni di peacekeeping dovranno essere ridiscusse per andare avanti. Queste le nostre domande-chiave: qual era l'intento originale della missione? Sta raggiungendo i suoi obiettivi? Stiamo facendo progredire i popoli della regione verso l'indipendenza? Che cosa stanno facendo per aiutare se stessi i paesi dove ci sono le missioni? Abbiamo un piano per l'exit? Si fa il bilancio delle responsabilita'? Glauco Maggi @glaucomaggi

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