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Che fine farà Donald Trump? I (grossi) dubbi sul futuro del presidente

Glauco Maggi
Glauco Maggi

Giornalista a NYC per Libero, autore di Figli&Soldi (2008), Obama Dimezzato (2011), Guadagnare con la crisi (2013), Trump Uno di Noi (2016). Politica ed economia. Autori preferiti: Hayek, M.Friedman, T.Sowell

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Che fine fara' Trump? Naviga da polemica a polemica, da tweet a tweet, da licenziamento a nomina. Lascia ai posteri cose importanti ("L'America prega e venera Dio, non il governo" ha detto ieri agli studenti del college cristiano Liberty nel solenne discorso di chiusura dell'anno scolastico) e ai cronisti dichiarazioni sconcertanti ("Forse aboliro' l'usanza dei briefing quotidiani con i reporter della Casa Bianca, perche' i miei addetti stampa non possono essere accurati nel descrivere le mie posizioni, vista la mia frenetica attivita' ", ha detto due giorni fa anticipando un totale riassetto dell'area delle comunicazioni, con un riferimento umiliante al suo stesso portavoce Spicer. La sua volatilita', o peggio ancora erraticita', nella conduzione della presidenza e' il tratto ormai caratteristico. "Imperscrutabile" e' l'aggettivo che per primo mi viene alla mente nel valutare la sua strategia di governo per il futuro, dopo i primi sei mesi dal trionfo dell'8 novembre. Poi seguono giudizi contraddittori. "Apprezzabile", se si guarda ai nomi scelti per la formazione di governo (in economia, difesa, sicurezza domestica e contro il terrorismo, educazione) e ai giudici. "Autodistruttiva", se si guarda a come ha permesso alla sua personalita' di egocentrico incontinente di eclissare i suoi veri obiettivi fondamentali, dalla riforma di Obamacare ai tagli fiscali per far crescere la ripresa economica. Persino delle vittorie sul campo contro l'ISIS in Afghanistan, e della costruzione di un fronte militare piu' efficace con l'armamento dei curdi per la riconquista di Raqqa in Siria si parla niente, essendo Trump impegnato a rintuzzare gli articoloni del New York Times e del Washington Post sulle connessioni russe. L'abbandono delle questioni vitali per gli americani (tasse, salute, sicurezza) e l'immersione nelle disfunzioni imbarazzanti della Casa Bianca sono manna per il "partito dell'impeachment", i DEM e i media che godono e beneficiano. E sperano di poter mettere in permanenza alla gogna un presidente in perenne difesa. Il problema di Trump e' che e' convinto di essere nel giusto, e che la sua crociata contro Washington e l'establishment, tutta battute e zero criterio, gli dara' frutti buoni. Perche', si illude lui, il paese sara' ancora quello che ha bocciato la Clinton (e la boccerebbe ancora oggi, secondo i sondaggi) anche tra 3 anni e mezzo. Ma non e' cosi': l'assegno firmato dagli elettori per qualsiasi presidente non e' mai in bianco, e i suoi fans (la minoranza popolare dei votanti) saranno particolarmente esigenti nel chiedere di avere da Trump quanto lui ha promesso, prima di firmarne un secondo nel 2020. Trump ha vinto le elezioni, e non e' stata cosa da poco: ha battuto una avversaria favorita, che era si' piena di difetti ma comunque fortemente sostenuta, oltre la decenza, da una stampa in larghissima maggioranza amica: il 90% dei giornalisti - tra quelli che hanno finanziato un candidato – scelse di dare soldi a Hillary. Trump in precedenza aveva fatto il miracolo di vincere le primarie contro l'intero GOP, anche se nel processo ha generato una corposa ala di NeverTrump, ostili a lui fino ai seggi, e anche oltre. Non a caso, con il 41,6% di approvazione e il 53,3% di contrari (media dei sondaggi dell'ultimo mese curata da RCP) Donald resta il peggior presidente di sempre alla stessa data del primo mandato. Trump e' diventato repubblicano per avere la nomination, ma non ha imparato la lezione di base che ogni repubblicano deve conoscere a menadito. La stampa e' contro il GOP, chiunque lo rappresenti, ma non ha il veto assoluto: infatti, nelle ultime 10 elezioni, sei sono state vinte da candidati repubblicani. E' vero che CNN e media mainstream sono contro il GOP sempre, nelle campagne e tanto piu' se un repubblicano siede alla Casa Bianca. Ma Trump deve considerare i media come una squadra di calcio considera il vento contrario o il giocare in trasferta: un fatto della vita, il fattore campo ostile della politica. La stampa non e' un avversario commerciale, un partner d'affari che ti ha tradito. Anche cosi', faziosa e subdola e politicamente ostile, e' parte ineliminabile e fondante della democrazia americana. George Bush non era meno odiato di Trump, semmai lo era di piu'. Ma ha saputo parlare al paese, ed e' stato rieletto. Nessuno puo' dire, oggi, se Trump arrivera' alla sfida per la conferma come un perdente Jimmy Carter, o se sara' fatto fuori prima come Richard Nixon. Quello che appare giorno per giorno piu' evidente e' che Trump ha tanto bisogno, sul comodino, del libretto di Mao invece che del suo "Art of the Deal". Particolarmente indicato e' il capitolo che insegna a distinguere le contraddizioni principali da quelle secondarie, da saper mettere nel giusto ordine e gestire con scientifico e disciplinato cinismo per vincere politicamente. di Glauco Maggi

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