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Vi spiego perché oggi mi vergogno della mia New York

Glauco Maggi
Glauco Maggi

Giornalista a NYC per Libero, autore di Figli&Soldi (2008), Obama Dimezzato (2011), Guadagnare con la crisi (2013), Trump Uno di Noi (2016). Politica ed economia. Autori preferiti: Hayek, M.Friedman, T.Sowell

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Oggi ho vergogna di New York, e chi mi conosce sa quanto mi costi dirlo. Due eventi pubblici, significativamente contemporanei, mi fanno temere che andra' sempre peggio. Quando mi ero trasferito qui nel 2000, tra le prime visite di monumenti storici ci fu quella alla Fraunces Tavern, la palazzina-taverna sulla punta sud di Manhattan costruita nel 1719 ed entrata nella storia dell'America mezzo secolo dopo. Nel 1775 il giovane Alexander Hamilton a capo di un gruppo di studenti del King College (oggi Columbia University) sparo' da li' cannonate agli inglesi. Nel 1783 il primo presidente George Washinton diede il commosso saluto ai suoi generali, dopo aver vinto la rivoluzione. In America bisogna accontentarsi di quello che e' chiamato “storia”, ma la Fraunces Tavern, oggi museo e landmark turistico, equivale – come vestigia del passato se non come significato politico, al Colosseo di Roma per l'Italia di 2 millenni fa. Tale era la sua importanza in New York che le FALN, Forze armate di liberazione nazionale di Puerto Rico, nel gennaio del 1975 scelsero la palazzina per uno dei loro 120 attentati dinamitardi: in questo bombardamento morirono 4 persone, e 50 furono i feriti. Le Faln, guidate da Oscar Lopez Rivera che ne era stato un cofondatore, lottavano con la violenza armata per ottenere l'indipendenza, e la loro ispirazione e ideologia dichiarata era quella comunista che aveva prodotto Cuba e il castrismo. Il popolo non era con loro, e lo ha detto in ripetuti referendum (l'ultimo ieri, per coincidenza).  Negli anni 70-80 le bande delle Faln operarono nella clandestinita', fino ad essere battute e sciolte: il loro leader Rivera fu catturato, processato e condannato a 55 anni. Tento' di fuggire dalla prigione e ne prese altri 15. Poi e' arrivato Obama, che qualche giorno prima di lasciare la Casa Bianca lo ha graziato. Da uomo libero Rivera, 74 anni, nel giorno della parata annuale dei portoricani, ha sfilato ieri alla guida della marcia sulla Quinta Avenue, a fianco  della compagna portoricana Melissa Mark Viverito, che e' nientemeno che la Speaker del Consiglio Municipale di New York. Qualche decina di metri dietro ha sfilato il sindaco de Blasio, a caccia di voti per novembre. Viverito, che e' la Democratica piu' importante in citta' dopo il sindaco, trae la sua forza dal fatto di essere la leader del Partito del Lavoro, ala marxista-sindacalista riconosciuta all'interno dei DEM. Il piano della Viverito era in realta' piu' ambizioso: dare a Rivera anche il titolo onorifico di “eroe di Portorico” da sfoggiare durante la manifestazione. Tale era stato l'orrore in citta' che gli sponsor commerciali, dalla Coca Cola in giu', si erano ritirati. Cosi' hanno fatto i sindacati dei poliziotti, il capo della polizia, il governatore Andrew Cuomo e persino i due senatori DEM dello Stato di New York. Nessuno di loro ha sfilato, neppure dopo che la Viverito ha cancellato l'onorificenza formale. Resta lo sfregio alla citta', di cui si sono fatti portavoce anche molti portoricani presenti sulla Quinta Avenue, che hanno parlato ai giornalisti del New York Post. “E' un giorno per onorare la repubblica di Portorico, non per onorare un terrorista”, ha detto il 38enne Mark Rivera del Bronx. “Questa e' la parata con il minor numero di partecipanti da quando e' stata istituita nel 1979”, ha notato un altro partecipante afflitto dalla presenza del terrorista. Oscar Lopez Rivera, va detto, non ha mai espresso alcun pentimento per i suoi crimini. Questa, di Viverito, OLR e de Blasio, e' comunque un'azione politica. Chi l'ha promossa ne paga almeno i rischi: quindi, rieleggendo a novembre de Blasio, chi NON andra' alle urne dara' il suo OK alle convinzioni sinistre dell'amico di un terrorista. La prima volta de Blasio fu eletto da 750mila persone in una citta' di nove milioni, in pratica i militanti di sinistra organizzati e gli ultraliberal. Per la conferma fra 5 mesi ne avra' di meno, visto che il suo indice di popolarita' e' ben sotto il 50%, e in un testa a testa con Hillary Clinton, se lei mai decidesse di correre da sindaco, avrebbe il 30% dei voti contro il 49% di una donna che e' l'emblema della sconfitta nazionale DEM. L'altra deriva newyorkese che mi fa arrossire ha invece il travestimento dell'arte. Stasera 12 giugno, al Teatro Pubblico (cioe' sovvenzionato da chi paga le tasse) Shakesperiano all'aperto in Central Park, un fiore all'occhiello della citta', va in scena il Giulio Cesare dei giorni nostri, ossia Donald Trump che viene accoltellato in una cospirazione. L'arte e' libera, ma si sa che c'e' liberta' e liberta'. Uno puo' in buona fede immaginarsi che un teatro americano, privato o pubblico non fa differenza, avrebbe potuto mettere in calendario una commedia con Obama assassinato? In primo luogo, quella non sarebbe mai stata fatta passare per arte dai censori del doppio standard, ma soprattutto mi piace pensare che un commediografo filo-conservatore, o apolitico, non scenda mai a un simile livello di militante oscenita' partitica. Incoraggiante e' solo il fatto che Delta Airlines e Bank of America hanno ritirato i finanziamenti per questo spettacolo, avendone saputa la trama, anche se sono restati tra i major sponsor privati del Public Theater per il resto della stagione. Ma, sommato alla sfilata del terrorista rosso, l'uscita delle due corporation private non basta per non farmi provare un disagio crescente per la piega illiberale e intollerante, di plateale resistenza a Trump, che sta prendendo la vita pubblica cittadina. Se 40 anni dopo la sua condanna - a vita - per aver organizzato l'assassinio di quattro  newyorkesi innocenti, la citta' dimentica e venera in piazza un terrorista rosso, che cosa puo' riservare il futuro? Viene in mente che la citta', nel 2010, era stata gia' vicina a dare il permesso per una moschea islamica nel quartiere attiguo a Ground Zero. L'affronto ai 3000 morti per mano dell'Islamismo radicale fu evitato in extremis. Ma se si pensa che non era passato ancora neppure un decennio dal September Eleven, si tocca con mano l'erosione crescente e progressiva della memoria e della coscienza civica verso gli atti immorali che hanno fatto tanti lutti. Spero di essere, oggi, vittima di un momento di scoramento passeggero. Non vorrei scrivere altre puntate di questo declino. Glauco Maggi

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