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Arriva la riforma fiscale di Trump: ecco perché gli investitori godono

Glauco Maggi
Glauco Maggi

Giornalista a NYC per Libero, autore di Figli&Soldi (2008), Obama Dimezzato (2011), Guadagnare con la crisi (2013), Trump Uno di Noi (2016). Politica ed economia. Autori preferiti: Hayek, M.Friedman, T.Sowell

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Gli investitori continuano ad essere galvanizzati dalla prospettiva che il Congresso USA approvi la riforma fiscale, cioe' i tagli delle tasse su redditi e profitti aziendali, la promessa che Trump fece in campagna elettorale. Dal giorno della sua vittoria, l'indice delle blue chips di Wall Street, il Dow Jones, e' cresciuto del 34% e ha realizzato 85 record di crescita. E non e' una coincidenza l'aumento della fiducia delle famiglie, che hanno prodotto una crescita dei consumi al dettaglio in novembre del +0,80%, contro lo 0,30% atteso. D'altra parte, nessuno tra i Democratici e i loro fedeli commentatori del mainstream, galvanizzati dalla debacle dei repubblicani che hanno fallito in estate nel tentativo di abolire Obamacare, si aspettava che senatori e deputati del GOP, pure in maggioranza nei due rami del parlamento, trovassero un compromesso legislativo sulla riforma tributaria. Invece e' quello che sta avvenendo sotto i loro occhi in questi giorni. La camera e il senato, nelle settimane scorse, avevano approvato i rispettivi testi di legge, che mostravano notevoli differenze di contenuti. Immediatamente e' partito il lavoro di “riconciliazione” delle due commissioni di senatori e deputati, per preparare un unico provvedimento che diventa legge solo se e' votato, identico, al senato e alla camera. Le trattative sono state serrate, con la partecipazione dei consiglieri economici della Casa Bianca che hanno verificato, passo, passo, che i capitoli della legge fossero in linea con le aspettative di Trump, a cui spetta la firma definitiva. I punti cardinali sono la riduzione dal 35% al 21% dell'aliquota di tassazione per gli utili delle imprese e i tagli delle imposte per tutte le fasce di reddito personale, a partire da quella piu' alta che scende dal 39,6% attuale al 37%. La proposta dettagliata sara' resa nota nei prossimi giorni, forse gia' domani venerdi', e conterra', tra l'altro, i crediti di imposta aumentati per le famiglie con figli; il tasso di favore per le aziende che rimpatrieranno i profitti oggi tenuti all'estero per non pagare l'assurda doppia tassazione che esiste solo nel sistema USA; lo sconto del 20% sulle tasse pagate dai piccoli imprenditori e dai professionisti; il tetto a 10mila dollari delle deduzioni sulle tasse che i contribuenti versano ai municipi e agli Stati. Le dichiarazioni ottimistiche dei leader del Gop alla camera e al senato delle ultime ore hanno convinto il presidente, ieri, a tenere una manifestazione alla Casa Bianca in cui ha annunciato che il successo e' vicino. Trump ha promesso che gli americani avranno un “gigantesco taglio delle tasse per Natale”. “Mentre parliamo”, ha detto Trump alla presenza di alcune famiglie-tipo che hanno raccontato che cosa faranno con i soldi risparmiati grazie ai tagli , “il Congresso ha raggiunto un compromesso sulla legislazione fiscale che produrra' piu' posti di lavoro, stipendi piu' elevati e un massiccio sollievo fiscale per le famiglie americane e per le imprese americane”. Il presidente ha spiegato che “una famiglia tipica di 4 persone che guadagna 75mila dollari vedra' una riduzione di 2000 dollari di tasse sotto la nuova legge, tagliando a meta' l'imposta attuale”. “E' criticamente importante per il Congresso passare in fretta questi storici tagli”, ha aggiunto Trump. “Se il Congresso mi manda la legge prima di Natale – e questa e' una breaking news – l'agenzia delle imposte IRS mi ha assicurato che gli americani vedranno tasse piu' basse e stipendi piu' ricchi in busta paga gia' da febbraio”. Il GOP e' stimolato a fare in fretta anche perche' le elezioni in Alabama hanno dato ai DEM un senatore in piu', che entrera' in carica non prima di gennaio. Con 51 voti contro 49, ora i repubblicani possono perdere soltanto un senatore, ma i liberal hanno capito che stavolta sara' dura contare su un nuovo autogol del GOP. Per questo trepidano sullo stato di salute di John McCain, che entra ed esce dagli ospedali essendo sotto cura per il tumore al cervello. E pateticamente chiedono che il Senato attenda l'arrivo del nuovo senatore dell'Alabama John Doug prima di votare. “Il Congresso ha sempre funzionato in presenza di pensionamenti e di dimissioni”, ha ricordato Susan Collins, la senatrice del Maine che boccio' Obamacare ma che ha fatto sapere di essere aperta a votare per la riforma fiscale. Anche gli altri due possibili “franchi tiratori” (Jeff Flake e Bob Corker, falchi del debito) su cui i DEM contavano per far fallire la riforma, hanno fatto capire che le loro riserve sul costo da 1,5 trilioni della legge in 10 anni che gravera' sul debito sono superabili. Oltretutto, non si puo' prevedere quanto PIL aumentera' proprio grazie allo stimolo economico dato dai tagli delle tasse. Cio' che e' rimasto alla sinistra e' quindi attaccare il senso della riforma con la demagogia dei “tagli ai ricchi e alle corporation”. La verita' e' pero' che, come ha spiegato un mese fa Mick Mulvaney, direttore dell'Ufficio del Management e del Budget della Casa Bianca, “il top 20% della gente che compila la dichiarazione dei redditi paga il 95% delle tasse sui redditi”. E la percentuale e' in crescita da un paio di anni fa, quando era l'84%. Sono i ricchi i soli a pagare, insomma, ed e' ovvio che saranno loro i maggiori beneficiari dei tagli. Quanto alle ‘corporation', la rappresentazione che ne fa la sinistra e' ancora quella di essere soggetti di sfruttamento classista contro i lavoratori. Ma se le ‘aziende', che e' come sono chiamate quando non si vuole fare trita propaganda marxista, godono di un migliore regime fiscale, a trarre beneficio non sono solo i ‘padroni', ma tutti gli azionisti, gli obbligazionisti, e i dipendenti presenti e futuri. Gli imprenditori potranno investire in nuove iniziative, e cio' significa nuovi posti. E se distribuiranno agli azionisti una parte dei profitti risparmiati, a godere saranno ancora i dipendenti e i pensionati, che sono azionisti, a milioni, attraverso i diffusissimi piani previdenziali personali. A livello generale, sara' il Paese a trarre un indubbio vantaggio, perche' il 21% di tasse sui profitti, anziche' il 35% attuale, fara' dell'America un forte concorrente di tutte le altre maggiori economie che hanno ora tassi sui profitti inferiori, anche di molto, al 35%. Persino Obama accarezzava l'idea di abbassare il tasso del 35%, ma non ricordatelo ai DEM: rivoltereste il coltello nella piaga dell'occasione mancata di fare una cosa buona e giusta. di Glauco Maggi

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