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Nero su bianco, il record di Donald Trump: quanti posti di lavoro ha creato

Glauco Maggi
Glauco Maggi

Giornalista a NYC per Libero, autore di Figli&Soldi (2008), Obama Dimezzato (2011), Guadagnare con la crisi (2013), Trump Uno di Noi (2016). Politica ed economia. Autori preferiti: Hayek, M.Friedman, T.Sowell

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C'e' una notizia, nel rapporto del governo USA sul Lavoro del mese di giugno pubblicato venerdi' 6 luglio, che spicca sulle altre, tutte peraltro buone. Il mese scorso sono stati creati 213mila nuovi ‘occupati', piu' dei 195 mila previsti, ma soprattutto, ecco l'ennesimo record, sono rientrati nel mondo del lavoro, cioe' hanno trovato un posto oppure l'hanno attivamente cercato, ben 601mila americani. Questa impennata ha provocato il rialzo dal 3,8% al 4% della percentuale di disoccupazione, ma stavolta il dato, peggiorativo in superficie, e' invece la miglior prova dell'ottimismo crescente nell'economia trumpiana: molti cittadini che non avevano lavoro - e non lo cercavano perche' erano scoraggiati- sono tornati a credere nella riscossa, e si sono reinseriti ufficialmente nella ‘forza lavoro'. Il tasso di partecipazione in questa categoria e' salito dal 62,7% al 62,9%. Per dare la misura della impennata di giugno si deve pero' guardare all'intero primo semestre 2018, in cui ci sono stati in tutto 1,03 milioni di americani rientrati nel mondo del lavoro, rispetto ai 496mila del 2017 e ai 589mila del 2016. Da notare che al dato di giugno sui nuovi posti di lavoro creati vanno sommate le revisioni positive, per un totale di 37mila nuovi posti, dei due mesi precedenti: in aprile ci sono stati 175mila nuovi posti (non i 159mila della provvisoria stima) e in maggio 244mila (non 223mila). Questi numeri portano a 215mila la media mensile dei primi sei mesi del 2018, in forte aumento rispetto a quella del 2017, che era stata attorno a 190mila. Negli USA, a fine giugno, il numero assoluto di americani con un lavoro e' cosi' salito a 155, 576milioni, il decimo primato per Trump in questa voce. Altro record storico e' il tasso di disoccupati tra gli ispanici, sceso per la prima volta al 4,6% . Le altre categorie hanno le seguenti percentuali: gli uomini adulti il 3,7%; le donne adulte il 3,7%; gli asiatici il 3,2%; gli afroamericani il 6,5%; i bianchi il 3,5%, i teenagers il 12,6%. Gli americani guadagnano di piu', perche' i datori di lavoro faticano a trovare le professionalita' di cui hanno bisogno e se le contendono con le buste-paga: la media del guadagno orario per tutti gli occupati in aziende private e' infatti salita nel mese scorso di 5 centesimi a 26,98 dollari. Un sondaggio, reso noto il 5 luglio, aveva evidenziato che la media delle ultime quattro settimane del numero degli americani che godono di un beneficio di disoccupazione continuato ha toccato il suo punto piu' basso da 45 anni. Questi dati sullo stato dell'economia reale confermano che Trump sta mantenendo la parola: lo slogan “lavori, lavori, lavori” era stata la promessa al centro della campagna elettorale, e lui era stato preso in giro come spaccone. Ecco perche' nei comizi, oggi, non manca mai di farlo notare . “La nostra politica economica puo' essere sunteggiata in tre parole, molto semplici e molto belle: lavori, lavori, lavori (jobs, jobs, jobs)”, ha detto in un rally in Montana giovedi' 5 (quindi prima del rapporto boom di giugno). Il corrente mese di luglio promette ancora di piu', in termini di crescita economica generale, perche' a fine mese ci sara' la prima stima governativa sul secondo trimestre (nel primo trimestre la crescita e' risultata del 2%). Gli analisti di Macroeconomics Advisers hanno corretto all'insu', al 4,9%, la loro proiezione per la crescita del Prodotto Interno Lordo USA da aprile a giugno. La Banca Barclays prevede addirittura un aumento del 5%. Anche qui, quando Trump aveva detto in campagna elettorale che “anche noi in America potremmo avere il 3%, e perche' no il 4 o il 5%” era stato preso per matto. Ora una crescita del 3-4% appare raggiungibile, ed anzi e' gia' nelle previsioni di alcune banche regionali della Federal Reserve, da New York ad Atlanta. E nessuno ride piu', eccetto Trump. di Glauco Maggi

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