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L'incubo del partito Democratico sulla profezia di Trump: perché rischiano di sparire

Glauco Maggi
Glauco Maggi

Giornalista a NYC per Libero, autore di Figli&Soldi (2008), Obama Dimezzato (2011), Guadagnare con la crisi (2013), Trump Uno di Noi (2016). Politica ed economia. Autori preferiti: Hayek, M.Friedman, T.Sowell

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Hilary Clinton Foto: Hilary Clinton
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Quando Trump, a un comizio tenuto appena prima della vittoria del candidato repubblicano nella speciale elezione della scorsa settimana in Ohio, disse “il prossimo novembre ci sara' una ‘ondata rossa' ”, fu come al solito ridicolizzato dal 90% dei media. La sua battuta sulla possibile “ondata rossa” (il rosso e' il colore del GOP nella politica USA, mentre il blu e' quello dei DEM) era diretta a contrastare la “previsione” della “ondata blu”, data per scontata dai Democratici e dai loro alleati dei media. Fra meno di tre mesi, il voto di medio termine dara' il verdetto e si vedra' se ci sara' davvero un'ondata sufficientemente blu da riconsegnare ai DEM di Nancy Pelosi il controllo della Camera, perso nel 2010, e magari anche quello del Senato. Per la Camera, i DEM devono conquistare almeno 23 seggi netti, per il Senato ne bastano due. Il criterio che i sondaggisti usano per monitorare le chance di vittoria di un partito o dell'altro e' quello della cosiddetta “scheda generica”. Cioe' chiedono ad un campione di elettori nazionali se sono piu' orientati a votare GOP o DEM, senza indicare distretto per distretto i nomi dei candidati. Del resto, le primarie sono in pieno svolgimento, e quindi molti elettori non sanno ancora quali nomi troveranno sulla loro specifica scheda. L'ultimo dato pubblicato lunedi' 13 agosto da RCP, il sito che raccoglie tutti i sondaggi e ne calcola la media, dice che i Democratici hanno un vantaggio di 3,9 punti, 44,2% contro 40,3%. Interessante e' il trend, che tende a diventare sempre piu' ‘realistico' con il passare delle primarie che si stanno susseguendo su base locale: infatti, aumenta il numero dei distretti in cui la preferenza e' ”generica” solo per come e' formulata la domanda, mentre gli elettori sanno gia' chi saranno i candidati di uno o di entrambi i partiti. In agosto il vantaggio dei DEM e' dimezzato dagli 8 punti che aveva un mese fa, secondo RCP. Se si spulciano singoli risultati precedenti si nota l'estrema volatilita' in questo tipo di sondaggi, ma la tendenza allo sgonfiamento del vantaggio del partito Democratico dalla fine del 2017 a questa settimana e' evidente. La CNN dava ai DEM un distacco sul GOP di 18 punti in dicembre 2017 e di 16 punti a febbraio 2018. La NBC, a giugno 2018, vedeva i DEM davanti di 10 punti. La Reuters, che dava i DEM a inizio luglio con lo stesso vantaggio di 10 punti, il 7 agosto lo ha visto ridotto a due punti, 41 a 39. Per IBD/TIPP, il 2 agosto, i due partiti sono risultati addirittura in parita', con 45 a 45. Quando i Democratici, nel 2006 sotto la presidenza di George W. Bush , conquistarono 30 seggi  e ripresero il controllo della Camera (e fecero la Pelosi Speaker), si erano presentati nel giorno del voto con 8 punti di vantaggio nel sondaggio “generico”. All'opposto, quando nel 2010 il presidente era Obama e il GOP conquisto' 63 seggi netti riprendendosi il controllo della Camera, ai repubblicani era bastato avere un vantaggio di 7 punti nel “sondaggio generico” del giorno del voto. C'e' insomma una certa correlazione tra i sondaggi sulla preferenza generica e i seggi poi guadagnati dal partito che si presenta come il “preferito”, ma non si possono azzardare percentuali precise tra il distacco nei sondaggi e l'ampiezza della conquista di deputati. Dai precedenti, pero', gli analisti elettorali stimano che per ottenere la vittoria ai Democratici serva una performance nel sondaggio “generico” piu' brillante di quella necessaria ai repubblicani. Se, in altre parole, i DEM non risalgono nelle prossime settimane ad un vantaggio minimo di 8 punti sul GOP l'ondata blu rischia davvero di trasformarsi in bonaccia. Dubbi si stanno gia' manifestando tra i Democratici della Florida, stato ballerino per eccellenza. Il partito Democratico di questo Stato ha perso una fetta di votanti registrati dal 2016 e nel mese in corso la percentuale di Democratici che hanno gia' votato spedendo la scheda per posta e' stata inferiore a quella dei Repubblicani, secondo l'ufficio elettorale statale.  “Se una ondata blu sta montando, di sicuro non ha ancora mostrato la ‘cresta'. Forse c'e' una marea rossa che sta venendo a galla e sta contrastando l'ondata blu?”, si e' chiesto Daniel A. Smith, professore di scienze politiche alla Universita' della Florida che studia i trend elettorali nello Stato di Miami.   Glauco Maggi

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