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Donald Trump e il secondo mandato? Il sondaggio che lo spaventa

Glauco Maggi
Glauco Maggi

Giornalista a NYC per Libero, autore di Figli&Soldi (2008), Obama Dimezzato (2011), Guadagnare con la crisi (2013), Trump Uno di Noi (2016). Politica ed economia. Autori preferiti: Hayek, M.Friedman, T.Sowell

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Secondo sondaggio dopo le elezioni di medio termine, ma questa volta sul futuro di Trump. Il primo, di cui abbiamo dato conto nell'articolo del 14 novembre (Morning Consult-Politico), era dedicato al via delle primarie tra i DEM: Biden e Sanders sono risultati primi con il 26% e il 19% nelle preferenze tra i Democratici. Oggi, evidenzia la rilevazione della Monmouth University, il presidente in carica ha soltanto il 37% di elettori registrati che lo vogliono confermato per un secondo mandato. Per il 58% degli americani, invece, e' meglio che dal gennaio del 2021 alla Casa Bianca ci vada un altro leader. Trump, nello stesso sondaggio, gode pero' di un giudizio positivo su quanto ha fatto finora da capo del governo piu' alto di 6 punti, il 43%, che e' l'identico livello risultante dalla media dei sondaggi curata da RCP, Real Clear Politics (il 43,2% favorevoli, contro il 52,9% di contrari). Rispetto al dicembre del 2007, Trump ha visto piu' che dimezzata – al 9,7% -, la distanza tra detrattori ed estimatori che 11 mesi fa per la media di RCP era di oltre 20 punti (58 contro e 37 a favore). Nel 2018, quindi, il presidente e' risalito nella stima generale degli americani ma appare ancora ben lontano dall'assicurarsi la rielezione. Il gap di sei punti tra il rating di approvazione (l'approval rating di RCP al 43,2%) e l'intenzione di rieleggerlo emersa dalla Monmouth University (37%) e' la misura di quanto sia scostante il suo profilo umano anche agli occhi di una cospicua fetta di americani che apprezzano le sue realizzazioni: i tagli delle tasse e delle regolamentazioni che hanno dato una spinta eccezionale all'economia; la gestione delle partite estere piu' scabrose, dalle sanzioni alla Russia e all'Iran allo spostamento dell'ambasciata USA a Gerusalemme e ai progressi di pace con la Corea del Nord; la lucidita' e fermezza nello scegliere, e far approvare in sintonia con il senato repubblicano, due giudici graditi dai conservatori per la corte suprema e un numero record di altri giudici federali nelle corti di appello. E' stata una Casa Bianca oggettivamente efficace, insomma, ma il presidente, in proporzione ai risultati, non sta raccogliendo un tasso di riconoscenza sufficiente per vincere ancora. L'esito del voto di medio termine lo conferma. E' vero che tradizionalmente il partito del presidente al primo mandato perde seggi in Congresso. E' del pari innegabile che il forte impegno personale di Trump con i comizi dell'ultimo mese ha aiutato diversi candidati repubblicani e frenare l' “ondata blu”, specialmente al Senato. Ma questa era un'elezione di medio termine particolare, che veniva alla fine di un anno eccezionale di successi economici. Poteva, quindi, essere l'eccezione alla regola e non far perdere la Camera a Trump, che esce invece dimezzato nel suo potere legislativo come avvenne per Obama nel 2010. Cio' non impedi' a quest'ultimo di vincere ancora nel 2012, ma sappiamo che il democratico aveva dalla sua un esercito mediatico e di celebrita' tutto a suo favore, la base di quel culto della personalita' che ancora avvolge Barack e Michelle. Donald ha mostrato di avere dalla sua legioni di fans che hanno affollato gli stadi nel 2018, ma per rimettere insieme una maggioranza di voti elettorali negli stati chiave del MidWest, come magistralmente fece nel 2016 beffando la sicumera della Hillary, non puo' piu' contare sul fattore sorpresa. Nel 2020 gli americani avranno avuto altri due anni per conoscerlo ancora piu' a fondo, mentre difficilmente l'economia migliorera', anzi e' probabile un certo rallentamento. La verita' e' che la personalita' ruvida di Trump, a 70 anni suonati, e' quella che e'. Per riformarla in senso “piacione”, e colmare quel fatidico gap attuale di sei punti causato dall'antipatia personale diffusa, ci vorrebbe un miracolo. Trump ha fatto fortuna con l'arte delle trattative commerciali, che sono anche esercizio di trasformismo e di feeling con la gente. Dovra' dare fondo a queste capacita' caratteriali, reinventandosi super partes. Il Congresso diviso gli offre la possibilita' di fare il mediatore tra il GOP e i DEM, come fece Bill Clinton nel 1994 dopo aver perso la Camera. Ma allora lo Speaker era il repubblicano Newt Gingrich, che voleva migliorare il paese con leggi pro sviluppo e la riforma del welfare e cercava l'intesa. Da gennaio ci sara', con tutta probabilita', Nancy Pelosi alla guida di un partito DEM ossessionato dall'idea di annientamento di Trump, via impeachment. di Glauco Maggi

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