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"Testimoni di civiltà", la mostra delle opere rubate e recuperate dai carabinieri

Matteo Legnani
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«A volte per rintracciarli servono anni di investigazioni e di ricerche. E poi, come sempre, aiuta tantissimo la fortuna». Sono appassionanti le storie dei ritrovamenti – a cui segue, ormai immancabilmente, la restituzione del maltolto  – delle opere d'arte illecitamente sottratte al nostro patrimonio culturale. A volte, a tradire un “tombarolo” può essere la fretta, la sua stessa avidità e persino l'attaccamento affettivo al bene sottratto. Così si spiega, ad esempio, la presenza di frammenti di una scultura marmorea illecitamente scavata, custoditi in casa e divenuti prove schiaccianti per gli investigatori per accertarne la natura fraudolenta. Testimoni di Civiltà – la mostra ospitata fino al 28 febbraio nella Sala della Lupa di Montecitorio, organizzata dal Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale, in collaborazione con il Ministero dei Beni culturali – si può leggere come l'avventurosa narrazione dei piccoli e grandi miracoli che, anche grazie all'ausilio della tecnologia, (ri)portano centinaia di opere, a volte inestimabili, nelle mani dei loro legittimi possessori: lo Stato italiano, con i suoi musei e siti archeologici spesso così vulnerabili, ma anche i numerosi luoghi di culto (conventi, parrocchie, archivi) e le aree vittime di calamità naturali. Ovunque, la tempestività di questi interventi di salvaguardia del patrimonio artistico è fondamentale. Rocambolesca è la storia della Triade capitolina, una delle più suggestive opere in mostra nelle teche di Montecitorio, un gruppo scultoreo (datato fine II – inizio III secolo d.C.) raffigurante le divinità titolari di Roma Antica, Giove, Giunone e Minerva, provento di scavi clandestini effettuati a Guidonia Montecelio. Il blocco scultoreo fu trafugato da una banda di tombaroli nel 1992, trasportato in Svizzera e venduto a un ricettatore, con la quasi garanzia di farla franca poiché la Triade era nota solo grazie a descrizioni letterarie e raffigurazioni numismatiche. I carabinieri del Nucleo Tutela del patrimonio iniziarono a sondare l'ambiente dei trafficanti, dove la soffiata giusta portò alla confessione di uno degli autori dello scavo clandestino, che descrisse minuziosamente il reperto, tanto da farne un identikit. Il successivo sequestro di un frammento in marmo, staccatosi durante lo scavo, portò alla cattura dell'intera banda e fu esibito come prova dai Carabinieri. Una “prova regina” che bloccò una trattativa già in corso tra il ricettatore svizzero e un collezionista americano. Ormai impossibile da immettere sul mercato, la Triade fu “rinvenuta” nel 1994, abbandonata dai ricettatori stessi vicino al confine svizzero. Di queste e altre storie di furti & recuperi avventurosi, degni delle più contorte imprese di Arsenio Lupin, è un attento conoscitore, per averli  contrastati anche in prima persona, il tenente colonnello Massimiliano Quagliarella del Comando carabinieri Tutela del Patrimonio culturale (Tpc). Un reparto specializzato istituito nel 1969 e che oggi conta circa 280 militari divisi in 15 Nuclei, che presta la propria esperienza – tanto da far adottare anche in ambito Interpol il “modello italiano” per un innovativo progetto denominato “Psyche” di condivisione in un unico database delle Banche dati nazionali dei beni culturali sottratti – in Italia e all'estero. In zone colpite da calamità naturali, come di recente il Centro Italia, dove finora sono stati messi in sicurezza oltre 20mila reperti culturali. E in zone teatro di guerra come l'Iraq, dove i “Caschi blu della cultura” (la task-force italiana “Unite4Heritage”) operano, a Bagdad e a Erbil, con le forze di polizia locali e i funzionari culturali per supportarli nella protezione di siti archeologici e nel contrasto al traffico di reperti. «Noi disponiamo della Banca dati delle opere illecitamente sottratte più grande al mondo: vi sono censiti oltre un milione e 200mila beni, accompagnati da più di 700mila immagini», spiega l'ufficiale. «Il mercato delle opere arte trafugate è considerato il terzo, dopo quello delle armi e della droga. Le attività di indagine sono tra le più complesse. Il nostro impegno per la tutela culturale va inteso come espressione della tutela dell'identità di un popolo. Non c'è cultura senza identità, ce lo insegna la Costituzione».  di Beatrice Nencha

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