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Primarie Pd, il dato sull'affluenza: 700mila votanti alle 12, cosa significa per Renzi

Giulio Bucchi
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Primi numeri sull'affluenza alle primarie Pd, primi dubbi per Matteo Renzi. Alle 12 hanno votato 701.373 cittadini, come annunciato da una nota della Commissione nazionale per il Congresso del Partito democratico. Un dato che già permette qualche analisi. Secondo le prime stime, alle 20 si potrebbe raggiungere quella soglia psicologica dei 2 milioni di votanti che garantirebbe a Renzi, almeno stando alle parole dei suoi sfidanti Andrea Orlando e Michele Emiliano, una "piena legittimazione popolare". Renzi in queste settimane ha messo la sordina alle primarie, limitando al minimo indispensabile (uno, mercoledì scorso) i confronti tv con gli avversari. "Mi basta un milione di votanti", ha non a caso ribadito consapevole che più basso è il numero di elettori ai gazebo e più alta è la possibilità non solo di vincere, ma di superare quel 58% di voti che i suoi uomini di fiducia indicano come la soglia per "prendersi tutto". Più alta è l'affluenza, viceversa, e più alto è il rischio di avere un partito spaccato, una opposizione interna più forte. Al di là dell'ottimismo sbandierato oggi, resta comunque impietoso il confronto con le precedenti primarie democratiche. Irraggiungibile la soglia dei 4 milioni che nel 2006 aveva incoronato Romano Prodi, deve far pensare al Nazareno come rispetto al 2013 (e con 4 anni al governo e in costante sovraesposizione mediatica) Renzi abbia fatto perdere al Pd quasi un terzo di elettori "coinvolti". Le ultime primarie alle 12 avevano fatto registrare 980mila voti, con un bilancio finale di 2,8 milioni. Conclusione: si può anche vincere, ma intorno a se il segretario vede avanzare il deserto. Non il massimo per lanciare nuovamente l'assalto a Palazzo Chigi.

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