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Guerra aperta sull'autoI tedeschi licenziano Marchionne

Volkswagen replica all'ad di Fiat che si lamentava degli sconti in Germania: "Si dimetta da presidente dei produttori europei"

Nicoletta Orlandi Posti
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di Claudio Antonelli Ormai è muro contro muro. «Marchionne è insopportabile come presidente dell'Acea, gli chiediamo di dimettersi», ha sparato il responsabile della comunicazione di Volkswagen, Stephan Gruehsem, rispondendo alle accuse lanciate dall'amministratore delegato di Fiat, Sergio Marchionne, contro la politica commerciale di abbattimento dei prezzi della casa tedesca, quasi facendo pensare a una filosofia tendente al dumping. Gruehsem ha spiegato che, a seguito dei commenti di Marchionne «ancora una volta inqualificabili», Volkswagen sta valutando l'uscita dall'Associazione delle case automobilistiche europee.  Il discorso del manager italo-canadese in realtà era diretto allo stato di salute dell'auto europea che necessita, a suo dire, di un intervento Ue coordinato per una razionalizzazione del settore a fronte di una crisi senza precedenti. Proprio per non subire «un bagno di sangue sui prezzi e sui margini». Già in passato Marchionne aveva chiesto una sorta di riduzione concordata della capacità produttiva, ma «quelli che davvero non si sono mossi in questo senso sono i francesi e i tedeschi che non hanno minimamente ridotto la capacità».  Sarebbe interessante capire quali obiettivi abbia Marchionne perché è chiaro che aver scatenato una guerra aperta con i tedeschi è solo il primo gradino di una strategia più complessa. Banalmente si potrebbe pensare che il numero uno di Fiat non aspettasse altro che qualcuno lo allontanasse da Acea. Come dire, non mi vogliono più in Europa e allora andiamo negli Usa dove il gruppo è gradito. Come più volta ha sottolineato Barack Obama in persona. È  da escludere uno scontro diretto con Volkswagen. Nella classifica delle vendite in Europa tra Volkswagen e Fiat ci sono sei posizioni di distanza: la casa tedesca è prima con 3.167.098 vetture e una quota del 23,3%, il Lingotto è sesto con 847.786 pari al 7% del mercato. Nel mondo la società di Wolfsburg vende 8,3 milioni di vetture, il gruppo Fiat-Chrysler 4 milioni.  L'operaio tedesco guadagna più o meno 2700 euro quello italiano 1200. Insomma, per quanto riguarda i numeri, in comune le due case hanno gli stipendi dei capi. Circa 17 milioni, comprese le stock-options. Per il resto, non è immaginabile una strategia d'attacco diretta da Torino.  Semmai  l'obiettivo a medio termine per Marchionne potrebbe essere quello di spezzare l'asse franco tedesco e fare in modo che i francesi (soprattutto il gruppo Psa) possano premere per una nuova stagione di incentivi. E qui c'è il bandolo della matassa. Volkswagen con la banca di proprietà prende direttamente liquidità all'uno percento dalla Bce (succede anche a Renault e Peugeot) e può permettersi una gestione del conto economico molto diversa rispetto alla casa italiana. Dunque i tedeschi non vogliono assolutamente stimoli. Mentre i francesi che al momento sono stati dal lato tedesco della barricata, e nonostante i soldi della Bce, potrebbero pensare a politiche comunitarie di sostegno. Proprio ciò che spera Marchionne.  Resta il fatto che l'Europa va lentamente a picco. E il rischio è che chi si concentra altrove vincerà la partita nel 2020, quando resteranno solo 10 marchi globali. Così mentre nel vecchio continente la Fiat di Marchionne e la tedesca Volkswagen si battono a colpi di stampa, i giapponesi di Toyota mettono a segno un colpo da maestro.  Il gruppo parigino Ppr, i cui azionisti sono Gucci, Yves St Laurent e Puma, ha venduto la propria quota del 29,8% in Cfao, il più grande distributore di veicoli (ma anche medicinali e una lunga serie di beni di largo consumo) in Africa.  L'operazione in sé costa poco meno di 2,5 miliardi di euro. Ma le potenzialità sono ben maggiori. Toyota infatti in questo modo si garantisce una sorta di monopolio della distribuzione nell'intera fascia subsahariana del continente nero.  Con la possibilità di far crescere il fatturato della Toyota Tsusho Corp di almeno un 15%. Dagli attuali 70 miliardi. Il 15 settembre sarà la data dell'Opa totalitaria su Cfao, probabilmente a 37,5 euro per azione, e a quel punto, salvo imprevisti, il gioco sarà fatto. Ci vorrà pazienza, ma quando il mercato in quell'area geografica esploderà con richiesta di quattroruote, i giapponesi saranno primi sul podio. Un modo in più per festeggiare il record battuto giusto tre giorni fa: quello dei 200 milioni di auto prodotte.

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