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Dio, Matria e famgilia

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filippo facci

Andrea Tempestini
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Forse non siamo abbastanza intelligenti per spiegare l'ideona che Michela Murgia ha elaborato sull'Espresso: dice, in sostanza, che il concetto di “Patria” è superato e si dovrebbe parlare di “Matria”. Non è un'appendice del “gender feminism”, quello che vorrebbe abolire il suffisso “man” da ogni parola americana: quindi woman (donna) diverrebbe womyn, poi andrebbero cambiati mankind (umanità) e chairman (presidente, direttore) e addirittura history (la Storia, perché his è possessivo maschile). Il ragionamento della Murgia è più complesso, e lo è talmente che abbiamo capito solo che la Patria “è l'estensione del maschile genitoriale” (ius sanguinis e ius soli) che coi suoi patriarcati, nazionalismi e patriottismi squalifica lo stare insieme. La “Matria”, invece, è la prima cosa amata, nutre e si prende cura, non suscita timore ma amore, non evoca autorità ma gratitudine. Ora: a parte che non sapremmo collegare questa visione col fatto che la Murgia è favorevole all'indipendenza della Sardegna, alla scrittrice sfugge che nulla è già più femminile del concetto di Patria, cioè di “terra”. È della donna un superiore radicamento nella terra e nel corpo, è della donna il solo senso concreto di questa Terra: dare la vita. L'uomo non pensa alla Terra, pensa al Cielo, corteggia idoli, traccia confini, sbarca sulla Luna, s'inventa un ruolo nel cosmo mentre la donna già ce l'ha, sulla Terra, la sua e nostra Patria, l'unica dove tornare. Si dice, non a caso: la Madre Patria. di Filippo Facci @FilippoFacci1

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