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Mafia: vedova caposcorta Falcone, non si abbandoni ricerca verità

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Palermo, 17 nov. (AdnKronos) - "Il mio primo pensiero stamani è andato ai miei figli, ai familiari delle vittime di Riina, alle mogli e alle madri private dei loro cari. La sua morte mi lascia indifferente, non dimentichiamo chi era: un criminale. Abbiamo dimostrato ancora una volta di essere un Paese civile, lo abbiamo fatto garantendo al boss il ricovero in ospedale, le cure necessarie e quella morte dignitosa che lui non ha concesso alle sue vittime. Il guardasigilli ha firmato il permesso per consentire alla moglie e ai figli di Riina di stare accanto al loro congiunto, la stessa civiltà non è stata dimostrata dal padrino corleonese. Io e i miei figli non abbiamo potuto vedere Antonio". A dirlo all'Adnkronos è Tina Montinaro, la vedova di Antonio, caposcorta di Giovanni Falcone, morto con il giudice antimafia nella strage di Capaci il 23 maggio 1992, insieme con Francesca Morvillo e con gli altri agenti di scorta. "Adesso la nostra speranza è che si arrivi alla verità su quell'eccidio che non era solo la 'strage di Riina' - aggiunge -. Si è portato nella tomba i suoi segreti, ma bisogna continuare a cercare la verità e alle Istituzioni chiediamo di continuare a farlo. Noi continueremo ad andare nelle scuole e a parlare di quello che è successo perché la memoria non si spenga. La morte di Riina - conclude - non è la fine di Cosa nostra, la mafia c'è, è cambiata, si è adeguata al dopo stragi. Va lottata con forza e non si può abbassare la guardia".

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