Cerca
Logo
Cerca
+

Matteo Renzi, ecco le simulazioni sulle buste paga

Andrea Tempestini
  • a
  • a
  • a

«Le risorse (per i bonus, ndr) ci sono». Giura il sottosegretario all'Economia Pier Paolo Baretta. Che giusto ieri, ai giornalisti che gli domandavano delle coperture per il taglio dell'Irpef ai lavoratori promesso dal premier Matteo Renzi, assicurava l'esistenza dei fondi necessari. I famosi 80 euro in più al mese per chi guadagna meno di 25mila euro lordi l'anno, valgono circa 10 miliardi di impegno. Per una platea flottante di 10/11 milioni di lavoratori (dipende se si considerano i dati di Palazzo Chigi o quelli statistici del Mef). «Il ministro Padoan ha fatto un'intervista e vale quello che ha detto», taglia corto Baretta, che poi puntualizza che il ministero (del Tesoro, ndr), sta predisponendo il Def con la definizione delle risorse: «Rispetteremo la data del 10 aprile, da lì si parte». Peccato che in mattinata Il Sole 24 Ore abbia messo una pulce nell'orecchio: la platea interessata dal bonus da 84 euro potrebbe essere non più quella intorno ai 25mila euro, ma solo quelli che incassa meno di 20mila. Baretta conferma che «le coperture ci sono, in parte verranno dalla spending review ma non necessariamente tutto l'importo». E poi nega che si stia valutando di ridurre la platea degli interessati per mancanza di risorse (10 miliardi sono difficili da trovare, più semplice reperirne 5, massimo 6): «Qualcuno», ribatte il sottosegretario all'Economia, riferendosi proprio al quotidiano di Confindustria, «ha ventilato l'eventualità che si possa ridurre la platea dei beneficiari ma a noi non risulta niente del genere, stiamo lavorando su quanto preannunciato da Renzi». E ieri, nel corso della Direzione del Pd, Renzi ha ribadito l'intenzione di intervenire sui redditi più bassi: «Taglieremo il cuneo fiscale», ha garantito Renzi, «non con un'operazione burocratese ma tagliando (le tasse, ndr) ai meno abbienti, che in realtà prima erano ceto medio, che prendono 1300 euro. Daremo una quattordicesima a 10 milioni di italiani». Peccato che tra i dati sventolati da Renzi, e quelli più burocratici del ministero dell'Economia (statisticamente più attendibili), ci sia una differenza di circa 1 milione e mezzo di persone, che potrebbero aver diritto all'annunciato bonus. In attesa del 10 aprile e del Def (e di scoprire a quanto ammontino le risorse reperite e la platea dei beneficiari), non resta che provare a far di conto. Con l'aiuto della Fondazione Consulenti del Lavoro, Libero ha provato ad elaborare delle simulazioni di impatto. Vale a dire quanto incasserebbero i lavoratori che oggi guadagnano tra i 10mila e i 20mila euro lordi l'anno, se poi - per una evidente mancanza di risorse - l'ipotesi di contenere il bonus entro questa fascia diventasse realtà. Sempre che non si voglia dare il bonus e tagliare le detrazioni (per i familiari a carico). «Abbiamo sviluppato alcune proiezioni», spiega Rosario De Luca, presidente della Fondazione, «ipotizzando varie ipotesi. Vedremo il dato definitivo. L'importante è che questi bonus fiscali non vengano finanziati togliendo ai contribuenti somme attualmente godute. Come sembra poter avvenire con l'intervento sulla detrazione per coniuge a carico, prevista nel ddl in discussione. Sarebbe una vera beffa». Tra le varie ipotesi sta prendendo piede anche quella di grattare via qualcosa dalla contribuzione previdenziale. Vale a dire dalla contribuzione dell'impresa (circa il 20% del salario lordo), e da quella del lavoratore (tra il 6 e il 9%). Limandone una parte, si potrebbero far saltare fuori il fantomatico bonus. Ma così si rischia di destabilizzare le entrate degli enti previdenziali (pubblici e privati). Il SuperInps (270 miliardi di budget), continuerebbe ad avere un buco in bilancio (che lo Stato ogni anno ripiana), ma casse ed enti privati potrebbero non risultare più nei conti “sostenibili”. Ridurre i versamenti per destinarli a reddito, del resto, renderebbe un po' più povero il “montante contributivo” di ogni singolo lavoratore. Un tesoretto che - con l'adozione del sistema contributivo - è la dote pensionistica del singolo. Ma questa, al momento, è solo un'ipotesi anche se mercoledì scorso il direttore generale dell'Inps, Mauro Nori si è detto «pronto a scendere in campo nell'operazione di aumento delle buste paga». Davanti alla commissione Lavoro della Camera, il manager ha garantito che l'Inps sarebbe «disponibile, se chiamato», ma precisa come la richiesta «non è ancora arrivata». Forse arriverà, forse no. Di certo per rimpinguare le buste paga si provano un po' tutte le strade. L'ex ministro Corrado Passera da tempo va proponendo di versare in busta paga ai lavoratori anche il Trattamento di fine rapporto (Tfr o Tfs per gli statali). Un “salario differito” che potrebbe diventare denaro sonante. Anche se oggi le imprese spesso si autofinanzino anche con queste risorse. di Antonio Castro

Dai blog