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Pensioni, col Pil negativo rischiano di svalutarsi

Ignazio Stagno
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"Se le stime del Ministero dell'Economia e Finanza fossero verificate, sarebbe la prima volta che i contributi versati anziché rivalutarsi subiscono un decremento". Questo passaggio di un documento top secret che è nei cassetti di via xx settembre e di cui dà notizia il Messaggero, potrebbe essere una bomba ad orologeria. Secondo quanto racconta il quotidiano romano, con il Pil che continua a restare fermo e la deflazione che si fa strada a rischio ci sarebbero gli assegni pensionistici che perderebbero una percentuale del loro valore. Per capire di cosa stiamo parlando, basta fare un esempio semplice: i contributi versati da ogni lavoratore per il fondo pensionistico ogni anno subiscono una rivalutazione che è tarata in base alla crescita del Pil. Se però l'indicatore di crescita dovesse restare fermo al paolo per un lungo periodo allora i contributi non avrebbero nessuna rivalutazione erodendo così il valore della pensione. Come racconta il Messaggero nel 1997 il tasso di rivalutazione dei contributi è stato del 5 per cento circa. Nel 2012 si è scesi all'1 per cento. I calcoli - E nel 2014, spiega il dossier segreto di via XX settembre, il tasso di rivalutazione scenderebbe a -0,024 per cento. Per la prima volta, per essere chiari, mille euro messi da parte all'Inps avranno un valore di 999,9 euro. Le previsioni per il futuro non sono certo rosee. Con questi trend di crescita negativi un lavoratore trentenne di oggi rischia di ritrovarsi a 67 con un assegno pensionistico che equivale al 49 per cento dell'ultima busta paga. Se il Pil invece dovesse crescere del 2 per cento all'anno allora la pensione corrisponderà al 71 per cento dell'ultima busta paga. Insomma i numeri parlano chiaro: se il Paese non riparte, i pensionati del futuro rischiano di essere davvero poveri. 

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