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Se salviamo le banche salviamo i ladri

Andrea Tempestini
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L'appunto è firmato dal procuratore della Repubblica di Vicenza, Antonio Cappelleri, e destinato al presidente della commissione parlamentare di inchiesta sulle banche, Pier Ferdinando Casini. «Allo stato», scrive il magistrato che si occupa delle vicende della Banca Popolare di Vicenza, «non esiste una notizia di un reato di bancarotta conseguente allo stato di insolvenza della Banca Popolare di Vicenza, in quanto non è stata dichiarata (dal Tribunale Civile e con sentenza) una tale situazione che è presupposto giuridico della configurazione del delitto». L'appunto è una risposta ai vari dubbi che i parlamentari avevano manifestato durante l'audizione dello stesso procuratore, e fra queste non poche continuavano a chiedersi perché non fossero stati sequestrati per risarcire i risparmiatori danneggiati i beni dell'allora presidente della banca, Gianni Zonin, che facendo l'imprenditore e avendo molte altre attività di successo non sarebbe stato certo incapiente. LE GARANZIE Il pm per altro ha spiegato che non avrebbe nemmeno avuto quella possibilità di intervento: «Il Pubblico Ministero non ha la possibilità di chiedere un sequestro conservativo ex art.316 CPP (finalizzato alla conservazione de1 patrimonio degli indagati in vista del soddisfacimento degli interessi civili dei danneggiati). Tale forma di sequestro può essere richiesto, al fine di evitare che si disperdano le garanzie delle obbligazioni civili derivanti da reato, solo dalle parti civili». Quella di Zonin è stata anche una scelta della procura, che ha proceduto a sequestri preventivi per reati di cui il presidente della banca non era accusato, e ha preferito sequestrare beni più rilevanti (106 milioni di euro) allo stesso istituto di credito. Quella domanda però sorge spesso di fronte a molti scandali bancari: perché a pagare non sono mai i manager che hanno portato gli istituti in quella condizione di dissesto? Una delle risposte possibili è molto semplice: perché le banche invece di essere fatte fallire come accadrebbe a qualsiasi altra società, vengono salvate di regola da soldi pubblici. Senza fallimento è un po' complicato contestare a chiunque la bancarotta fraudolenta, e perseguire davvero chi viene individuato come responsabile. Le banche non si fanno fallire con la scusa di proteggere i risparmiatori e i loro depositi, ma l'argomento non regge: esiste il fondo interbancario di garanzia a proteggere i depositi, e il fallimento non danneggerebbe i clienti, ma aiuterebbe a perseguire chi ha fatto disastri. Invece le cronache sono piene di notizie opposte. LE LIQUIDAZIONI Proprio ieri in audizione davanti alla stessa commissione il capo della vigilanza della Banca di Italia, Carmelo Barbagallo, ha rivelato cosa è accaduto all'ex direttore generale del Monte dei Paschi di Siena, Antonio Vigni, protagonista del disastroso acquisto di Antonveneta: fu mandato via dalla banca, dietro pagamento però di una liquidazione di 4 milioni di euro. Il suo successore, Fabrizio Viola, è stato liquidato con 3,1 milioni di euro. Il discusso capo della finanza all'epoca di Vigni, Gianluca Baldassarri, liquidato con 800 mila euro e così via. E pace se con quel team di Mps si è dato credito a chi poi non lo avrebbe restituito, causando le difficoltà della banca. Sempre Barbagallo ieri ha rivelato che alla fine del 2016 erano ben 107 i clienti di Mps che «hanno ricevuto prestiti singolarmente superiori a 25 milioni» e rappresentano «per ammontare, il 12,7 per cento del credito deteriorato totale», quindi non hanno restituito nulla. Casini ha annunciato che quell'elenco sarà oggi consegnato con tutti i nomi e i cognomi alla commissione di inchiesta, ma non è chiaro se dopo averlo ricevuto ne darà pubblicità. di Franco Bechis @FrancoBechis

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