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Altro che dieta di Stato: questi tassano e basta

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Incassata la gabella sugli immobili, via al rincaro sull'imposta di bollo: così la politica ingrassa e cancella la spending review. Tanto che la Boldrini s'imbuca sull'aereo blu...

Giulio Bucchi
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Ieri  la Commissione Bilancio della Camera ha deciso di modificare l'imposta di bollo che grava sugli strumenti finanziari. Non ci sarà più la quota fissa che si applicava anche agli investimenti minimi, ma la tassa colpirà il risparmio in maniera graduale: chi ha di più dunque pagherà di più. La notizia è stata salutata da alcuni siti Internet come un passo avanti, perché ora il Fisco è più equo e non colpisce tutti allo stesso modo ma in base al patrimonio. In effetti il provvedimento tiene conto della ricchezza dell'investitore e dunque si potrebbe giudicare positivamente, sennonché  il problema sta nel manico e cioè nel fatto che la modifica nasconde un aumento. Sempre a caccia di denaro infatti il Parlamento ha deciso di alzare l'aliquota, portandola dall'1,5 al 2 per mille. Di fatto così si è varata una mini patrimoniale sul risparmio, che poi tanto mini non è perché si unisce a quella più pesante chiamata Imu, che gli italiani proprietari di una seconda casa hanno pagato ieri, mentre chi invece ne possiede una soltanto la pagherà, seppur ridotta, subito dopo le vacanze di Natale. Fin qui le tasse, che come i guai non vengono mai da sole ma si portano dietro altre tasse (tra gli emendamenti alla legge di Stabilità pare ci sia un altro rincaro delle imposte sulle case diverse dalla prima, quasi che l'abitazione al mare o ai monti fosse un pozzo di San Patrizio). Tuttavia, mentre si discute di introdurre nuovi strumenti per tosare il contribuente, c'è una notizia che certo non riempirà di gioia gli italiani che hanno appena aperto il portafogli per saldare il conto con il Fisco. Secondo uno studio della Uil la Casta costa ogni anno 23 miliardi e 200 milioni, più o meno quanto abbiamo versato di Imu nel 2011, comprendendo nel gettito tutto, anche i capannoni industriali e i terreni agricoli, oltre naturalmente agli alloggi. Con i 23 miliardi e 200 milioni di un anno si potrebbe cancellare la tassa sulla prima casa per i prossimi cinque anni, oppure si potrebbe ridurre il debito pubblico di 232 miliardi in dieci anni, cioè scendere sotto quota 1900 miliardi, migliorando di parecchio il rapporto debito/Pil che tanto preoccupa i mercati. Si potrebbe. Perché 23 miliardi e 200 milioni sono 63,5 milioni al giorno, 2,64 milioni all'ora, 44 mila euro al minuto, 735 euro al secondo.  In pratica, se avessimo la possibilità di risparmiare quei 23 miliardi l'anno, il Paese starebbe meglio e avrebbe i mezzi per risollevarsi senza nuove tasse. Certo, tutti  i 23 miliardi non si possono cancellare dalla sera alla mattina, perché l'amministrazione della cosa pubblica ha bisogno di un minimo di struttura e qualche organo elettivo, ma secondo la Uil almeno a una prima tranche di 7 miliardi si rinuncerebbe senza fatica, perché questo è ciò che si mangiano gli enti inutili. Qualche risparmio, aggiungiamo noi, lo si potrebbe ottenere anche lavorando di lima sugli organi costituzionali, cioè presidenza della Repubblica, Parlamento e Consulte varie, che da soli costano 3 miliardi, cioè più del dieci per cento della spesa complessiva. Mettendo a dieta Camera, Senato e Quirinale, oltre alla Corte costituzionale, riconducendo i costi del Palazzo a quelli degli altri paesi europei, un miliardo lo si potrebbe reperire agevolmente. Al contrario, nonostante tutte le promesse di spending review, anno dopo anno le cifre rimangono invariate, riducendosi al massimo di qualche milione, cioè delle briciole. Qualcuno si chiederà perché sia così difficile mettere mano alle forbici e perché invece sia così facile aumentare le tasse. La risposta è semplice. Perché chiunque arrivi ai posti di comando in pochi istanti si adatta alle comodità e dopo aver predicato contro gli eccessi di spesa fatica a rinunciare agli agi connessi all'esercizio del potere. Una prova? La faccenda dell'aereo di Stato che impazza in questi giorni su Internet e sui giornali. Ai funerali di Stato di Nelson Mandela è partita una nostra delegazione con al seguito la presidente della Camera e il di lei fidanzato.  Cosa c'entravano i due con le esequie dell'ex presidente sudafricano? Niente, perché  alla cerimonia erano stati invitati leader di governo e capi di Stato, ma probabilmente Laura Boldrini deve aver pensato che era un peccato non partecipare all'evento e dunque eccola decollare sull'aereo della presidenza del Consiglio, insieme con Letta e principe consorte. Alle critiche, lei replica piccata: nessun aggravio per gli italiani, ho ricevuto solo un passaggio sull'aereo presidenziale. Ma forse la missione internazionale si poteva evitare. Benjamin Nethaniau, capo del governo israeliano, ha rinunciato al viaggio giudicandolo troppo costoso. Noi invece no. Saremo in bolletta e faremo pagare l'Imu anche alle stamberghe ma al viaggio a Johannesburg  non rinunciamo. Consoliamoci: fra un po', quando andrà in pensione, la nostra presidente della Camera, raccontando ai nipotini gli eventi che hanno riunito i grandi della terra, potrà dire: io c'ero.  Vuoi mettere la soddisfazione. Per una cosa del genere uno di Imu ne paga anche due o tre.  di Maurizio Belpietro      

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