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La guerra tra Kim e Trump, la lezione brutale dell'esperta: "Idioti, come fate a stare con lui?"

Giovanni Ruggiero
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Il teatrino di minacce tra Trump e Kim Jong-un altro non è che una gigantesca messa in scena. Utile al dittatore coreano per avere un ruolo sul palcoscenico internazionale, che altrimenti si sognerebbe, e al presidente Usa per consentire ai produttori di armi che trainano l' economia americana di fatturare. Con la partecipazione speciale dei mercati finanziari che crollano: ovviamente consapevoli della farsa, ci sguazzano, procurando mille miliardi di dollari di perdite in tutte le Borse in pochi giorni per corroborare la tesi che la fine del mondo è vicina. Non da meno, poi, i giornali. Trump è convinto che le minacce di Kim siano spuntate e che i suoi missili siano di cartone, buoni solo per le sfilate della festa nazionale del 15 aprile, e vuole svelare l' imbroglio per neutralizzare le continue minacce di attacco nucleare contro gli Usa. Ma pur di andare contro il Presidente americano, i mezzi di informazione di tutto il globo, inclusi quelli italiani, fanno il gioco della Corea del Nord, consentendo al suo «leader supremo» di farla da padrone e alzando pericolosamente la temperatura dello scontro. Ieri Repubblica, con il capo dei negazionisti della realtà, Federico Rampini, paventava scenari apocalittici già dalla nottata appena trascorsa, cui siamo evidentemente sopravvissuti. L' industria delle armi: un business cui non si sottrae neanche l' Europa, con Francia e Grecia in cima alle classifiche di spese militari nonostante la crisi. Negli Stati Uniti rappresenta il 3,3% del Pil, vale a dire 611 miliardi di dollari. Gli affari sono affari. Chi meglio di Trump può saperlo? Ma affinché il settore possa stare in piedi, gli Usa devono avere un nemico contro cui combattere. Prima c' è stato Saddam Hussein, e vai con la guerra in Iraq. Fatto fuori lui, è arrivato Bin Laden. Eliminata Al Qaeda, è spuntato l' Isis. Ma ora che non esiste quasi più neanche lo Stato islamico, allora Kim Jong-un diventa l' obiettivo perfetto per il presidente americano, anche quando vuole buttarla in politica estera per nascondere le sue difficoltà sul piano interno nel far passare le leggi al Congresso oppure per questioni personali. Dell' Isis pensavamo che diventasse una potenza militare, invece si è già sgretolato. È rimasto solo qualche esaltato delle banlieue parigine o della periferia di Londra: kamikaze facili da neutralizzare con indagini di intelligence e buoni infiltrati, senza la necessità di ricorrere alle armi. «Un astuto biscottino», così Trump aveva definito il dittatore della Corea del Nord ad aprile. In effetti lo considera davvero un bambino (e a lui i bambini fanno tenerezza). Anche per certi versi brillante, visto come è riuscito a mettere al centro della politica globale un poverissimo (se non venisse foraggiato dalla Cina) lembo di terra di 120 chilometri quadrati nell' Asia orientale (pari grossomodo per estensione e numero di abitanti all' Italia settentrionale), bagnato dal mar Giallo e dal mar del Giappone. Chi mai si occuperebbe della Corea del Nord se non minacciasse ogni giorno di polverizzare gli Stati Uniti? Nessuno. E a chi venderebbe le armi l' industria bellica americana se non ci fosse il rischio di una terza guerra mondiale? A nessuno. Nulla di cui preoccuparsi, insomma. La guerra nucleare non scoppierà. Forse qualche missile verrà lanciato per far sembrare al mondo che il pericolo è imminente. Ma l' Apocalisse tarda ancora a venire. Gli Stati Uniti hanno dimostrato di avere sotto controllo la situazione, e il sistema anti-missili è pronto a neutralizzare i lanci di Kim. Cosa ha davvero in mano il dittatore coreano non è invece certo. Nel 2003 scoppiò una guerra perché si pensava che Saddam Hussein avesse armi chimiche di distruzione di massa, con tanto di «certificazione» dei servizi segreti. La cosa si rivelò poi non vera, costando una figuraccia mondiale all' allora Presidente George W. Bush e al suo Segretario di Stato Colin Powell. Come da copione, pochi giorni fa è venuto fuori un dossier, sempre dei servizi, che certifica la capacità dei missili con testate nucleari nordcoreani di raggiungere e distruggere la costa ovest degli Stati Uniti. Validando l' ipotesi di esistenza dell' arsenale di Kim Jong-un. Se la storia insegna qualcosa non dovremmo lasciarci impressionare. Anzi, forse è la volta buona che con i suoi modi Trump rompe il gioco al dittatore bambino. Con la Cina, preoccupata dalle minacce di rivalsa sul piano economico se non collabora con gli Usa, che ha fatto sapere che non si schiererà con la Corea del Nord in caso di attacco, il Giappone che ha già schierato i missili e la Federazione Russa felice di fomentare. Una recita perfetta in cui ognuno interpreta la sua parte a meraviglia. E il Presidente americano recupera punti nei sondaggi. Netflix non avrebbe saputo fare di meglio. di Paola Tommasi

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