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È caduta la capitale dell'Isis. Schiaffo al Califfato, i curdi (e gli Usa) riprendono Raqqa

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Giovanni Ruggiero
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Nello stadio di Raqqa, già capitale e ora ultima base dei jihadisti dello Stato islamico, sventola la bandiera dello Ypg, le unità di protezione del popolo curdo, parte dell'alleanza delle Forze democratiche siriane sostenuta dagli Stati Uniti. Oggi si festeggia la liberazione di Raqqa strappata dopo tre tre anni al califfato che ha trasformato la città del nord della Siria nel simbolo del terrore. La sua ripresa da parte delle forze curdo-siriane è stata lanciata ufficialmente il 5 novembre 2016 con la "Collera dell'Eufrate" ed è costata, in un bilancio provvisorio destinato a crescere, la morte di 3.250 persone tra cui almeno 1.130 civili. La caduta della capitale siriana rappresenta la più grande delle sconfitte finora riportate. A giugno l'esercito nero aveva dovuto rinunciare a Mosul, l'altra sua capitale in Iraq, dopo una battaglia durata quasi un anno. "Le operazioni militari a Raqqa sono state concluse", ha annunciato nella tarda mattinata di oggi il portavoce delle Forze democratiche siriane (Sdf). "La città è sotto il controllo totale delle Forze democratiche siriane", ha confermato Talal Sello, portavoce dell'alleanza dei combattenti curdi. "Tutto è finito, dobbiamo solo cercare le eventuali cellule dormienti e bonificare la città", ha continuato Gli ultimi jihadisti fedeli ad Al Baghdadi rimasti a combattere si erano trincerati in un ospedale e nello stadio comunale. I due simboli crollati oggi sancendo la sconfitta definitiva dell'Isis. Lunedì era stata liberata la rotonda di Al Naim, tristemente nota perchè lì i boia dello 'Stato islamicò eseguivano pubblicamente le condanne a morte. "Ci sono volute due settimane per liberarla perchè era stata minata dai jihadisti", ha riferito l'Osservatorio siriano per i diritti umani (Osdu). Nei giorni scorsi un accordo mediato da funzionari locali e rappresentanti aveva permesso a tanti civili di lasciare la città: si stima che siano 3.500 i civili evacuati, tra questi 275 jihadisti e le loro famiglie. E il timore è che tanti foreign fighters possa tornare nel proprio paese di origine e portare avanti la causa dell'Isis con attentati in Occidente. "L'ultima cosa che vogliamo è che i combattenti stranieri siano liberati e che possano tornare nel loro paese d'origine e causare più terrore", ha detto senza mezzi termini il colonnello Ryan Dillon, tra i comandanti che guidano la coalizione. Dall'altra parte dell'Eufrate gli estremisti sono chiamati a combattere la coalizione siriana sostenuta da Iran e Russia. In particolare nelle ultime settimane Al Baghdadi ha perso anche il controllo di vaste aree tra il capoluogo della provincia di Deir Ezzor, a 150 chilometri da Raqqa, e la città di Mayadine sulla riva orientale del fiume. "Questa non è una regione desertica, questi sono posti sul fiume Eufrate che erano bastioni dell'Isis", ha detto il direttore dell'Osservatorio siriano per i diritti umani, Rami Abdel Rahmane.

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