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L'ultimo libro di BattistiLa lagna dell'assassino che si crede scrittore

"Faccio al muro" è la tredicesima "fatica" l'ennesimo delirio di grandezza dell'uomo condannato per rapine e quattro omicidi

Lucia Esposito
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A settembre l'editore DeriveApprodi, apprendiamo da Affaritaliani.it, manderà in libreria il tredicesimo romanzo thriller di Cesare Battisti, Faccia al muro, da poco uscito in Francia per Flammarion. Riepiloghiamo brevemente la vicenda di Battisti: condannato in via definitiva per rapine e quattro omicidi, militante dei proletari armati per il comunismo, nel 1981 evade dal carcere di Frosinone e ripara prima in Francia, quindi in Brasile, e un anno fa la corte costituzionale di quel Paese ne vieta l'estradizione in Italia. Battisti è uno di quelli che, come un organetto della banda (armata), ripete che «la mia generazione ha perso», e con questa retorica si difende e si fa difendere da colleghi scrittori che, anche se non mettono la mano sul fuoco per lui perché hanno paura di dover poi imparare a lavorare con la mancina, ne sono sedotti: firmano appelli, invocano pacificazioni. C'è chi, come Massimo Carlotto, dice che le condanne in contumacia inflitte a Battisti non lo persuadono, sono giudizi viziati. La sua fine mente di giallista gli impedisce stranamente di precisare che la contumacia è stata determinata dal fatto che Battisti si è dileguato prima della sentenza. Stenio Solinas, recensendo sul Giornale il romanzo, ha confessato che la sua lettura gli ha provocato «fastidio».  Noi non l'abbiamo letto ma, da quanto ne riferisce, la storia di Augusto, alter ego di Cesare, «maceria degli anni Settanta» e «vecchio coglione sognatore oggi», che si atteggia a vittima dei «guardiani dell'ordine» mentre lui è un pifferaio impavido, anche se magari un po' spregiudicato, della Rivoluzione (sì, con la erre maiuscola, mica stiamo parlando del moto della Terra attorno al Sole, bensì della Rivoluzione a colpi di pistola, roba seria), be', altro che fastidio, ci dà direttamente il vomito. La lagna vittimistica dell'ex terrorista «indebolito da anni di persecuzioni» che in Brasile conosce la prostituta dal cuore d'oro, e già che c'è pure degli ottimi avvocati per evitare la galera, non è solo un déjà vu letterario di infimo livello, ma anche una prolusione difensiva mascherata che ci risparmiamo volentieri. Che se ne rimanga lì dov'è, Battisti, e che gli editori italiani stampino pure tutti i suoi romanzi e, se li trova, che abbia i suoi lettori che prestano fede a come racconta la storia Augusto, Cesare, e tutti i nomi che ben si accoppiano al suo delirio di grandezza. Non gli auguriamo certo di fare la fine di Cesare, quello vero.  Un po' intristisce che l'editore italiano, per porsi a riparo da polemiche, dica che «bisogna separare l'opera letteraria dalla vicenda giudiziaria». Neanche stessimo parlando di Céline, autore dalle idee e dalle azioni discutibili ma sicuramente artefice di una «opera letteraria» notevolissima. Nel caso di Battisti, più che separare, bisognerebbe differenziare, come la spazzatura. In ossequio alle progressive idee ecologiche che certo il protagonista del suo romanzo, che non si risparmia passaggi esotici tra le meraviglie naturali del Brasile, non può non condividere. La soluzione perfetta sarebbe differenziare così: il libro nel bidone della carta, e l'autore in cella. Ma un simile rispetto rigoroso per l'ambiente è ancora, per noi, un'utopia. E dobbiamo rassegnarci alle manifestazioni oltreoceaniche di questo scrittore condannato a difendersi e a lamentarsi dei «nemici del mondo libero». La differenza tra noi e lui sta che noi ci accontentiamo di vagheggiarla, la nostra utopia, lui, sentenze alla mano, la imponeva con la violenza. E ora che i filosofi, definitivamente in crisi di visibilità, ci ripropongono il vetusto elogio della violenza ma con sobrio trucco femminista (lo fa Luisa Muraro in un libro intitolato Dio è violent, perché è violento pure con la lingua italiana) ci piace restare al catechismo: Dio è buono. E la clandestinità di Battisti è solo un triste epilogo di una vita cattivI. di Giordano Tedoldi

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