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Riforma Lavoro, Matteo Renzi e la fronda Pd: 110 parlamentari pronti a dire "no"

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Ignazio Stagno
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Matteo Renzi adesso ha paura. Il premier prova a portare avanti le sue riforme, ma il Pd, il suo partito è pronto a remare contro. Sulla riforma del Lavoro il premier si gioca faccia e poltrona di palazzo Chigi. La minoranza del Pd ha letto la mail di Renzi come una dichiarazione di guerra. Nel messaggio pubblicato ieri sul sito del Pd, Renzi ha messo in guardia la vecchia guardia cercando di prevenire le mosse della sinistra Pd. Ma a quanto pare al Nazareno c'è una gran voglia di combattere contro il premier e di metterlo con le spalle al muro proprio sulla riforma del Lavoro. "Dica quello che crede. Su questo piano io non mi ci metto", sibila Pier Luigi Bersani in una versione insolita, è furioso. La faida - Così è già scattata la conta interna. Fra deputati e senatori la componente bersaniana unita alle altre anti-Renzi, può contare all'incirca su 110 dissidenti. Martedì si riuniranno, dopo il vertice che vedrà allo stesso tavolo Fassina, Cuperlo, Bindi, Civati. L'ex sfidante delle primarie pronuncia chiaramente la parola che altri non vogliono nemmeno sentire, ma che in caso di scontro nessuno può escludere. "Se Renzi pensa di andare alle urne sulla riforma del lavoro credo che troverà una nuova forza di sinistra in campo — dice Pippo Civati —. È uno choc, lo capisco. Ma il fantasma della scissione aleggia e non solo dalle mie parti". Scissione in vista? - Ma dietro le polemiche sulla Riforma del Lavoro c'è anche chi briga per provare a creare un partito di sinistra figlio del Pd e su posizioni anti-renziane. Le parole di Stefano Fassina vanno in questa direzione: "La posta in gioco è un partito progressista utile all'Italia o un PdR, ossia il partito di Renzi, incapace di un cambiamento progressivo", spiega l'ex viceministro. E ancora: "Ho vinto le parlamentarie grazie a migliaia di consensi. Il mio mandato di deputato è chiaro: votare riforme diverse da quelle della destra come invece vorrebbe Renzi. La direzione può decidere ciò che vuole. Per me è prioritario l'impegno che ho preso con gli elettori", spiega a Repubblica. Alla riunione convocata martedì dovrebbero essere presenti 110 parlamentari, ovvero i dissidenti che sono pronti a votare contro la riforma del lavoro. L'ipotesi scissione diventa tanto più concreta quanto più aumentano i sospetti sul vero obiettivo del premier. "Penso che la sua sia una manovra politica. Andare alle elezioni accusando il Parlamento di impedirgli la rivoluzione del Paese", dice Fassina. La riunione dei parlamentari dovrà fornire la consistenza della "fronda". Il voto anticipato permetterebbe a Renzi di spazzare via la componente Ds dal Pd. Ma una guerra fratricida dentro il suo partito potrebbe anche erodere il consenso degli elettori nel premier e nel Pd... 

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