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Figlicidio, perché una mamma uccide i suoi piccoli

Lucia Esposito
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Una mamma che uccide le sue tre figlie perché il marito l'ha lasciata. E' successo a Lecco, all'alba di una domenica mattina di una primavera arrivata prima del tempo. Poche settimane fa era successo a Giussano, a Monza: un padre aveva ucciso la sua bimba di otto anni e un maschietto di due anni. In entrambi i casi si è aggiunto il tentato suicidio. Davanti a quest'orrore, davanti a quest'omicidio contro innaturale (il genitore che ammazza quanto di più caro ha) ci si chiede: perché. E il perché resta un interrogativo sospeso, senza una risposta certa. Gli esperti invitano a un generalizzare a non ricondurre tutto frettolosamente sotto la parola "depressione". Non può essere solo questa la risposta, il nome da dare a tanto orrore. "L'omicidio- suicidio sono i due atti più angosciosi e totali. Spiegarli dicendo che chi li compie "era depresso" è quasi un insulto a chi soffre di questo male. Certo, c'è un profondo cammino di dolore, una visione cupa e angosciosa del proprio passato, presente e futuro", dice a La stampa Filippo Bogetto prof di psichiatria all'Università di Torino.  Per il criminologo Massimo Picozzi ci sono "una serie di tipologie di figlicidio che si possono prendere in considerazione. C'è quello altruistico che parte dalla convinzione della rovina imminente e inevitabile per tutta la famiglia. Ma ci sono anche casi dove non c'è una motivazione razionale: i figlicidi legati a una psicosi acuta, come la schizofrenia. E ci sono i delitti motivati da vendetta nei confronti del compagno o della compagna: il bambino viene ucciso come rivalsa a un torto subito e sullo sfondo ci sono relazioni affettive caotiche"

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