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Offerta di lavoro per Erika:"La assumo come segretaria"

L'imprenditore reatino Flavio Di Vittorio pronto a fare un contratto a tempo indeterminato alla ragazza della strage di Novi Ligure: "Ho due figlie come lei, mi ha commosso"

Nicoletta Orlandi Posti
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  di Antonella Luppoli Lui, Flavio Di Vittorio, è un piccolo imprenditore di Rieti. Lei è Erika De Nardo, quella della strage di Novi Ligure. Cosa li lega? Non una storia d'amore, ma un grande gesto di solidarietà. Il signor  Di Vittorio si è quasi commosso  leggendo una delle ultime interviste rilasciate da Erika ai media, nella quale la ragazza confidava: «Non ne posso più, c'è sempre qualcuno che mi riconosce e mi tormenta. Non posso neppure lavorare». E a offrirle  un lavoro ha deciso di pensarci lui, attraverso Libero: «Ho una segretaria - spiega l'uomo - che è appena andata in maternità, quindi ho bisogno di una persona che prenda il suo posto». E non solo per il tempo della sostituzione: «Terrei Erika anche dopo il  rientro della mia dipendente».  Il cinquantaquattrenne rietino offrirebbe alla De Nardo una vera occupazione nella sua «Euroservizi s.r.l.», un'impresa che opera nel settore dell'edilizia. L'azienda è nata nel 1997, quattro anni prima che la giovane - ora ventinovenne - si macchiasse dell'omicidio della madre Susy,  uccisa con 57 coltellate a 41 anni, e del fratellino Gianluca, che di anni ne aveva solo 11. Il tutto con la complicità del fidanzatino adolescente Omar Favaro. L'eco mediatico della vicenda fu  enorme. Erika da allora in poi è stata classificata come una pluriomicida, la «lei» della coppia folle di Novi Ligure. Ma oggi la primogenita dei De Nardo è fuori dal carcere. Ha vissuto gli ultimi anni nella comunità «Exodus» di don Mazzi, alla quale è rimasta molto legata e dove ha trovato la voglia di rimettersi in gioco. Ricominciare. Quale  occasione migliore di quella offerta dal signor Di Vittorio? Proprio quest'ultimo, con l'accento romano che lo contraddistingue, specifica che il suo slancio è privo di qualsiasi secondo fine. «Non voglio farmi pubblicità, non è nel mio interesse. Ho due figlie anch'io - spiega - una di 27 anni e l'altra di 21 e se avessero commesso lo stesso errore fatto da Erika, ringrazierei infinitamente chi decidesse di dare loro una seconda possibilità». Prosegue: «Anni fa mi sono separato da mia molgie, e le mie figlie ne hanno molto sofferto. Questo sarebbe un modo per riscattare me stesso da quel senso di colpa che mi accompagna quotidianamente per il dolore che ho loro arrecato». Insomma Di Vittorio, come molti papà separati, non è riuscito a godersi al cento per cento le figlie e adesso vorrebbe «recuperare» con un grande atto di altruismo. Sul mercato del lavoro, la domanda e l'offerta sembrano oltretutto coincidere. Erika infatti chiede di poter lavorare per poter iniziare a fare una vita normale, uguale a quella dei suoi coetanei. Ne ha il diritto - sostiene - perché ha scontato la sua pena e nel mentre si è anche laureata in Filosofia con il massimo dei voti. Il suo debito con la giustizia è estinto. Erika è entrata in prigione sedicenne e ne è uscita 15 anni più tardi, totalmente cambiata. Adesso, le interviste dipingono  una donna educata, riservata, particolarmente intelligente, amante della natura e degli animali. È pronta, stando a chi l'ha seguita negli ultimi mesi,  a riappropriarsi della sua vita  dopo averla quasi distrutta in una notte di sangue e follia. Erica deve anche  ricostruire il rapporto con il padre Francesco, che le ha già concesso il suo perdono, così come aveva fatto la madre, poco prima di morire sotto le sue coltellate. Dal canto suo l'imprenditore Di Vittorio ha bisogno di una persona «seria e sveglia» che possa ottemperare alle mansioni di segreteria: «Rispondere al telefono, preparare e ritirare documenti». L'obiettivo è offrirle un contratto a tempo indeterminato. Magari, per iniziare, potrebbe trattarsi di un part-time, quindi quattro ore lavorative. «Non so - butta lì l'imprenditore - magari dalle 8 alle 12 o dalle 9 alle 13. Non ho ancora preparato nulla. La mia è solo un'idea. Se Erika volesse trasferirsi a Rieti, io sarei solo felice di accoglierla», aggiunge Di Vittorio. Che precisa: «Non le chiedo nulla, solo che abbia voglia di lavorare, che sappia usare il computer e che non mi dia problemi». Non è interessato al passato di Erika, né a sapere cosa sia passato nella testa della ragazza quel 21 febbraio 2001, men che meno si preoccupa di eventuali malumori che potrebbero scaturire nella piccola comunità di Rieti. L'imprenditore agisce d'istinto. E conclude: «Se Erika accettasse di trasferirsi nel Lazio, potrei anche ospitarla in un appartamento che ho appena ristrutturato, così da non dover pensare neppure all'alloggio». Ma solo a ricominciare.  

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