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Bossetti: "Il mio Dna sugli attrezzi che mi hanno rubato"

Nicoletta Orlandi Posti
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"Posso spiegare la presenza del mio Dna sul corpo di Yara". Massimo Bossetti proverà lunedì a convincere i giudici del tribunale della libertà della sua innocenza per uscire dal carcere. Gli avvocati stanno preparando il ricorso nel quale sono contenute le spiegazioni che scagionerebbero il muratore. Spiegazioni che secondo le indiscrezioni di stampa riguarderebbero gli arnesi da lavoro che due anni fa vennero rubati all'interno del furgone di Bossetti parcheggiato sotto la sua casa a Mapello: una libella elettronica, una bindella, due scalpelli di cui uno a punta acuminata, cazzuole e un distanziatore. Il presunto assassino potrebbe spiegare ai giudici che la sparizione di questi attrezzi e magari anche di guanti o indumenti da lavoro, denunciata due anni fa ai carabinieri, risale in realtà a prima del 26 novembre 2010. La linea difensiva, secondo il retroscena di Repubblica, potrebbe dunque essere questa: qualcuno si è impadronito, dopo averli rubati, di oggetti che appartenevano al sospettato. Tra questi potrebbero esserci l'arma (lo scalpello a punta acuminata?) con cui è stata colpita Yara. Lunedì, mentre i giudici decideranno della sua libertà, la scientifica effettuerà le analisi sull'auto e sul furgone di Bossetti in cerca di altre prove.

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