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Yara, i colleghi di Bossetti lo smentiscono sugli attrezzi

Andrea Tempestini
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Giorno dopo giorno, tassello dopo tassello, parola dopo parola, si complica la posizione di Massimo Giusepppe Bossetti, l'unico sospettato per l'omicidio di Yara Gambiarsio. Aveva giustificato la presenza di tracce del suo sangue sui vestiti della ragazzina rapita e uccisa con l'epistassi, il sangue dal naso che spesso perdeva, e che sarebbe finito su uno degli attrezzi usati per l'omicidio, attrezzo che - spiegava agli inquirenti - non era stato lui ad utilizzare. Bossetti aveva fatto anche dei nomi, aveva citato due colleghi che "potrebbero sapere qualcosa". Due artigiani, proprio come lui, che sono stati interrogati. E che hanno fornito una sola conferma, sull'epistassi, "perdeva spesso sangue dal naso". Ma Osvaldo Mazzoleni, cognato di Bossetti, e Massimo Maggioni - i due soci titolari del cantiere per le villette a Palazzago - non hanno parlato di episodi che potrebbero aiutare il sospettato. Anzi. Bossetti sostiene che l'attrezzo con cui potrebbe essere stata uccisa Yara era stato rubato dal cantiere. Ma i due smentiscono: stando a ciò che ricordano, non era sparito nulla. La ricostruzione del carpentiere di Mapello, dunque, vacilla. Nuove tracce? - Nel frattempo prosegue il lavoro degli inquirenti, che cercano riscontri sia su Bossetti sia sull'attendibilità delle persone ascoltate. Al centro dell'indagine le immagini riprese da due telecamere che posizionano Bossetti e il suo furgone nei pressi della palestra dove fu rapita e uccisa Yara il 26 novembre 2010. Proprio quel furgone cassonato potrebbe fornire - altri - importanti indizi. Ieri, venerdì 11 luglio, si è tenuto un vertice col pm: presenti anche il colonnello dei Ros di Brescia, il comandante dei Ris di Parma, gli uomini del nucleo investigativo e la squadra mobile. La presenza del comandante dei Ris di Parma, Giampietro Lago, ha fatto pensare al fatto che possa essere emerso qualche particolare di rilievo proprio dal furgone di Bossetti, o dalla sua auto, ma per ora le bocche restano cucite, non arrivano né conferme né smentite. Di sicuro, la procura tira dritta per la sua strada, e da quello che si è appreso, al momento, non pensa ad eventuali richieste di giudizio immediato. Serve tempo, servono altri riscontri scientifici e tecnologici. Dunque non c'è fretta. Il lavoro continua: sulle immagini, nel cantiere, sui dischi rigidi di Bossetti, sulla sua cronologia del suo computer. E il quadro indiziario, attorno al sospettato, pare essere piuttosto stringente.

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