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Senato, abusi edilizi a palazzo Giustiziani

Giulio Bucchi
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Oddio, mi casca il Senato in testa! No, non è uno scherzo. Magari lo fosse. E invece è un incubo per la famiglia Marchioni, proprietaria dell'immobile confinante con Palazzo Giustiziani, il fabbricato che ospita uffici e residenze dei senatori a vita e degli ex presidenti di Palazzo Madama. Qui ci sono gli studi che hanno ospitato Giulio Andreotti e Francesco Cossiga. Ma anche le stanze che sono state testimoni della formazione del governo tecnico di Mario Monti. Un luogo leggendario per la politica italiana. Ma il fascino dell'istituzione non fa presa sui Marchioni. Che sono in causa da più di venti anni con lo Stato. Non esattamente con il ramo parlamentare guidato da Pietro Grasso, ma con l'Agenzia del Demanio, che è proprietaria del Palazzo confinante con il loro.  Che, poi, confinante è un parolone. Nel centro storico di Roma, e qui stiamo davanti al Pantheon, i palazzi si intersecano tra di loro che è una bellezza. Così i Marchioni si trovano a dover avere a che fare con «l'esuberanza» della Camera Alta. Non è un rapporto di vicinato, quello Marchioni-Demanio, è un tetris: sali al secondo piano del loro palazzo, adibito a hotel di lusso, e la sede istituzionale ce l'hai di fronte. Arrivi al terzo piano e il Senato ce l'hai in testa. Una «presenza» inquietante: a seguito di un ampliamento degli uffici di Palazzo Giustiniani, i Marchioni si sono trovati 27 tonnellate di ferro poggiate su un'ala della loro proprietà. Altro che spada di Damocle. Una struttura troppo pesante che le volte originarie non riescono a sorreggere. Sono state puntellate e, al momento, sono il soffitto pericolante di un ambiente dichiarato inagibile. Per questi lavori l'Agenzia del Demanio è stata condannata. E deve ancora 2 milioni di euro per rimettere le cose a posto. «Nel '94 vennero fatti dei lavori di ristrutturazione», è Giovanni Marchioni a ricostruire i fatti, «purtroppo l'impresa, operando in termini non corretti, ha fatto sì che le volte si rompessero. Di qui l'obbligo del puntellamento del soffitto che ha reso inagibile un intero appartamento della nostra proprietà. In una battuta, Palazzo Giustiniani ci sta franando in testa». E ce n'è un'altra. Al confine tra le due proprietà è stato realizzato un ascensore che serve Palazzo Giustiziani. Sì, ma per costruirlo è stato murato un chiostro e il muro sta a 23 centimetri dalla finestra dei Marchioni. Secondo abuso edilizio, seconda condanna. Il tribunale ha intimato al Demanio di eliminare il muro. Ma dentro fa su e giù l'ascensore che porta ai piani nobili i senatori a vita, gli ex presidenti del Senato, i funzionari di Palazzo Madama. Prendete Renato Schifani. Come ex seconda carica dello Stato gli tocca l'attico con vista sul Pantheon. È la residenza appartenuta a Cossiga. Al sesto piano. Usare le scale? Giammai. La scalinata è del Seicento, un patrimonio dell'umanità, ma l'umanità non la usa perché è scomoda. L'alternativa è un piccolo e antico ascensorino. Che comunque arriva fino al quinto piano, rimarrebbe una rampa di scale da fare, nel caso di Schifani. Nel palazzo, oltre all'ex seconda carica dello Stato, ci sono gli uffici dei senatori a vita Mario Monti, Elena Cattaneo, Renzo Piano, Carlo Rubbia e del povero Carlo Azeglio Ciampi. Ma soprattutto si attende un nuovo e prestigiosissimo «ospite». Giorgio Napolitano è al suo secondo sopralluogo a Palazzo Giustiniani in pochi mesi.  Logico allora che l'istituzione non voglia privarsi dell'ascensore «parlante» (lo chiamano così perché una voce metallica avvisa i passeggeri all'arrivo al piano), per non fare mancare la comodità a cotanto lignaggio repubblicano. Ancora Giovanni Marchioni: «Nel cortile comune tra la nostra proprietà e Palazzo Giustiniani è stato costruito nel 1991 un muro che ha accorpato una parte dello spazio. All'interno di quella quota è stato montato un ascensore molto più grande del precedente. Ma il muro è stato realizzato a 23 centimetri da una finestra e a un metro da altre. A suo tempo abbiamo fatto causa ottenendo l'esecuzione per la demolizione dell'elevatore. Ma a tutt'oggi non ci siamo riusciti. L'Avvocatura dello Stato sta facendo di tutto, anche utilizzando metodi scorretti e calunniosi, per far sì che l'esecuzione non avvenga. Quell'ascensore è vitale per tutta una serie di personaggi della “casta” che, in alternativa, dovrebbero andare a piedi. Sono passati 24 anni dall'inizio di questa vicenda e i cittadini Marchioni non sono ancora riusciti a ottenere giustizia. Come si può pensare di attrarre investitori stranieri in Italia se nel nostro Paese non si riesce a far eseguire una sentenza?». L'ultima è che la procura della Corte dei Conti del Lazio ha aperto un'indagine per determinare i danni erariali conseguenti alla mancata esecuzione delle sentenze Marchioni versus Demanio. E, tuttavia, nonostante le condanne, l'Agenzia non ci pensa proprio a smontare l'ascensore. Adesso l'Avvocatura dello Stato è passata al contrattacco. La loro tesi è che le finestre dei Marchioni, quelle a 23 centimetri dall'ascensore dei senatori, potrebbero essere abusive. E che l'eliminazione del muro creerebbe problemi di privacy ai potenti dirimpettai. Marchioni? Non c'ha visto più e ha risposto querelando gli avvocati dello Stato per diffamazione. E al momento non c'è nessuno che come lui, in Italia, desideri l'abolizione del Senato della Repubblica. Giurateci pure. di Salvatore Dama

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