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Sei milioni di poveri assoluti. Ecco come vivono

Nicoletta Orlandi Posti
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Un monolocale buio di 25 metri quadri, enormi sacrifici per pagare la luce elettrica, mancando nella casa sia finestre che luce naturale, nessuna auto per spostarsi, spesa due volte al mese dal discount e, per il resto, richiesta quotidiana di aiuto alla Caritas. È la condizione drammatica di milioni di italiani, fotografata dall'Istat, nel report sulla povertà nel nostro Paese, riguardante il 2013. Stando ai dati, un italiano su dieci (6 milioni e 20mila persone) vive in stato di povertà assoluta; e un italiano su sei (oltre 10 milioni di persone) in stato di povertà relativa. Il fenomeno è preoccupante soprattutto nel Meridione, dove i poveri assoluti sono aumentati di 725mila unità rispetto al 2012. Molto complicata appare anche la situazione delle famiglie: la percentuale dei nuclei in condizione di povertà assoluta è passata dal 6,8 del 2012 al 7,9% dell'anno scorso. Povertà assoluta e povertà relativa - Ma cosa vuol dire, esattamente, vivere in stato di povertà assoluta? «Si tratta dell'incapacità di raggiungere il livello di spesa minimo per acquisire il paniere di beni e servizi essenziali», ci dicono dall'Istat, «mentre la povertà relativa è un dimezzamento della capacità di acquisto: in una famiglia si spende in due quanto dovrebbe spendere una persona sola». Gli individui assolutamente poveri, in sostanza, non riescono neppure a soddisfare i bisogni relativi all'alimentazione, al pagamento di affitti e bollette, ai trasporti e al possesso di beni durevoli, come frigorifero e lavatrice. Si tratta di una condizione di indigenza che cambia a seconda del luogo di residenza, dell'età e della tipologia familiare: un anziano che vive da solo in un piccolo comune del Sud è in assoluta povertà, se ha una capacità di spesa inferiore a 485 euro; una famiglia numerosa composta da due coniugi e tre figli, residente in una grande città del Nord, è assolutamente povera, se non ha la possibilità di spendere ogni mese più di 1909 euro. Le storie - Al di là dei numeri, parlano i nomi e le storie delle persone, come quelle di cui ci dà notizia Giancamillo Trani, vicedirettore della Caritas di Napoli. «In tutta la diocesi», racconta, «sono centinaia gli anziani che vivono con una pensione inferiore ai 500 euro. Risiedono in monolocali con un'unica fonte di luce - la porta d'ingresso - e il cui costo d'affitto ammonta a 300 euro. Aggiungendo a questi soldi i pagamenti delle bollette, rimane loro pochissimo denaro per pensare al sostentamento. Fanno così una spesa ridottissima un paio di volte al mese. E tutti gli altri giorni si sfamano, rivolgendosi alla Caritas».  È una sfida quotidiana anche quella di Rosangela T., residente a Bisceglie, in Puglia, madre di tre figli, con un marito disoccupato, e un impiego da donna delle pulizie che le assicura 500 euro al mese. Paga un mutuo di 350 euro per la casa e riesce a portare avanti la famiglia, solo grazie al sostegno della comunità paesana. «Quanto al cibo, me lo faccio dare da mia suocera o mia madre», ci dice. «I vestiti, invece, sia per me che per i bambini, mi vengono donati da associazioni di volontariato come Comitato Progetto Uomo, Caritas, parenti e amici». Alle necessità ordinarie, si aggiunge l'esigenza di accompagnare in ospedale due suoi figli, malati di una forma rara di anemia. «Ogni giorno mi metto in auto e vado», afferma. «Non mi interessa il costo della benzina. L'importante è non far mancare loro le cose principali di cui hanno bisogno». Al Nord - Vittime della crisi e simboli di eroismo sono pure le famiglie numerose del Nord. «Recentemente si è rivolta a noi», ci dice Esquilino Galimberti, responsabile del Centro di ascolto della Caritas di Pioltello (Milano), «una famiglia con uno stipendio inferiore a 1500 euro e molti figli. Aveva appena ricevuto un decreto ingiuntivo sulla casa, visto che non riusciva più a pagare il mutuo. Grazie al Fondo Famiglia-Lavoro della Caritas, ha potuto mantenere l'abitazione. Ma ora deve scegliere se pagare la bolletta del gas o quella della luce, non potendo permettersele entrambe. "Preferisco la luce", mi ha detto il capofamiglia, "perché così almeno posso far guardare la tv ai miei figli e avere il riscaldamento assicurato grazie alle stufette elettriche"». Scene da dopoguerra, che fanno venire in mente il film Miseria e nobiltà in cui Totò non può pagar l'affitto della casa e la figlia del suo amico si prende «il lusso di svegliarsi con l'appetito», senza però poterlo soddisfare. A 60 anni di distanza, quelle immagini sono di un'attualità ancor più dolorosa: la miseria è diventata assoluta e della nobiltà non è rimasta traccia. di Gianluca Veneziani

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