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La moglie di Bossetti parla a "Gente"

Matteo Legnani
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«Non è stato mio marito a uccidere Yara». «Da quando è rinchiuso l'ho incontrato sei volte. Ci guardiamo, lui piange spesso, dice che gli manca tutto e si chiede perché». Sono alcune delle dichiarazioni contenute nel memoriale che Marita Comi, la moglie di Massimo Bossetti, l'uomo in carcere con l'accusa di aver ucciso Yara Gambirasio, ha affidato al settimanale Gente.  La moglie del muratore di Mapello ricorda l'arresto: «Mi sono  entrati in casa all'improvviso, erano almeno 20 carabinieri, erano sulle scale, in cucina, ovunque. Non capivo, loro parlavano, io pensavo solo a mandare via i bambini». Spiega Marita: «In casa quella parola, assassino, non l'abbiamo mai pronunciata. Così come quell'altra parola, carcere. Se i ragazzi  chiedono: il papà dove sta? Sta con i carabinieri, rispondiamo. Perché è coinvolto nella storia di Yara, basta». «Sono state scritte tante illazioni e bugie, lui è un bonaccione -prosegue il memoriale di Gente- Hanno detto che quel  pizzetto biondo gli dà una faccia da vizioso. Ma quale vizioso! Lui è  biondo così. Ha la faccia di uno che lavora duro, si fa i fatti suoi,  ha una faccia da buon padre. Anche la storia delle lampade: ne avrà fatta qualcuna, che male c'è, ma non tutte quelle che raccontano». L'orario - «Se Yara fosse stata uccisa al mattino o al pomeriggio, forse non potrei giurare sulla innocenza di mio marito. Ma quella bambina è morta dopo le 19, forse dopo le 22. Massimo non poteva essere là fuori a uccidere, perché era a casa. Mi dicono: come fai a esserne certa?  Perché ogni giorno per noi è identico all'altro, da sempre. Ecco  perché posso sostenere: io so che non è lui, io gli credo. La banalità felice della nostra esistenza è il nostro alibi, la mia sicurezza».

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