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Il pm di Ivrea: "Perchè accuso De Benedetti di omicidio"

Matteo Legnani
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La posizione degli indagati eccellenti dell'inchiesta di Ivrea per l'amianto all'Olivetti si complica. La procura è certa di avere in mano le carte giuste per incolpare i vertici dell'azienda per la mancata tutela della salute dei lavoratori, per le negligenze e le omissioni che sono costate la morte a decine di operai. Per 13 di questi decessi è in corso l'inchiesta in cui sono indagate 39 persone compresi presidenti, amministratori delegati e consiglieri di amministrazione che si sono succeduti negli anni sulle poltrone di Palazzo uffici: da Carlo De Benedetti a suo fratello Franco ai figli Rodolfo e Marco, da Corrado Passera a Roberto Colaninno. Intanto un secondo fascicolo su un'altra decina di decessi è stato avviato e a questi casi potrebbero aggiungersi presto le segnalazioni raccolte dai vari sportelli «amianto» inaugurati dai sindacati della zona. A coordinare l'inchiesta giudiziaria è Giuseppe Ferrando, procuratore di Ivrea e magistrato di lungo corso. A Torino, per esempio, ha rappresentato l'accusa nel cosiddetto processo Cogne bis. Per mesi ha studiato le carte dell'inchiesta Olivetti senza fare proclami e anzi cercando di individuare i punti deboli. In particolare ha soppesato con prudenza piemontese il ruolo dei big iscritti per evitare che il loro coinvolgimento si trasformasse in un boomerang e scatenasse solo un inutile cancan mediatico. A un certo punto, però, è arrivata sul suo tavolo la consulenza societaria dell'avvocato Giancarlo Guarini, il presidente dell'ordine eporediese, ed è stato chiaro che le deleghe in mano ai dirigenti della Direzione servizi generali, del Servizio organizzazione sicurezza sul lavoro e della Commissione permanente per l'ecologia e l'ambiente dell'Olivetti non erano piene e non permettevano ai delegati di bonificare in autonomia i vari stabilimenti dall'amianto. Ecco il motivo per cui, secondo la procura, i vertici dell'epoca non possono sottrarsi alle proprie responsabilità. Dottor Ferrando qual è l'arma segreta che ha portato al coinvolgimento di numerosi big della finanza e dell'imprenditoria nell'inchiesta Olivetti? "Su questo punto il perno dell'indagine è stata la consulenza dell'avvocato Giancarlo Guarini, che ha permesso di ricostruire gli organigrammi aziendali".  Altri documenti importanti? "Ci sono tre consulenze mediche e anche una di revisione dei certificati per verificare che la causa ultima delle morti fosse proprio il mesotelioma".   Qual è il ruolo di Carlo De Benedetti? Dal suo entourage dicono che c'erano almeno tre diversi livelli decisionali e che lui delegava… "La posizione dell'Ingegnere è la stessa di tutti gli altri amministratori. Le scelte di fondo passavano dal datore di lavoro, ovvero dall'amministratore e da tutto il consiglio d'amministrazione". Beh i manager potrebbero replicare che non si occupavano di questioni pratiche, come la manutenzione dei capannoni… "Non siamo di fronte a casi limitati, a una singola controffittatura, a un solo capannone, di un unico stabilimento, di cui è chiaro che il cda poteva non essere informato. Questa è una situazione diversa. Quando ti dicono che la produzione è a rischio amianto e che nelle controffittature di tutti i locali è presente l'asbesto, a quel punto sei stato informato". Sta dicendo che l'Ingegnere non poteva non sapere? "Qui siamo di fronte a profili completamente diversi, siamo nell'ambito dei reati colposi, dove non vige la teoria del non potevi non sapere. La questione è completamente diversa: la colpa è di non aver saputo, quando invece bisognava sapere. Sembra un gioco di parole, ma non lo è. Se noi avessimo contestato un dolo, avremmo dovuto dimostrare la consapevolezza di compierlo degli indagati, ma nel caso dell'omicidio colposo, anche il fatto di non sapere può trasformarsi in reato". Voi non avete indagato solo i vertici, ma anche i singoli dirigenti che si sono avvicendati alla Direzione servizi generali o al Servizio ecologia. Vi aspettate che collaborino? "Dopo che abbiamo depositato gli atti, la prossima mossa tocca a loro. Nel prosieguo del processo o in questa fase in cui le persone possono chiedere di essere interrogate non è detto che uno non possa limitare, specificare, precisare quali fossero i propri compiti. Sto pensando agli ex dirigenti responsabili di alcuni settori chiave che potrebbero far presente nuovi argomenti. Questo è il motivo per cui sono stati, tra virgolette, coinvolti in questa indagine. Ci aspettiamo dei movimenti". Per movimenti che cosa intende? "Interrogatori che potrebbero portare a conclusioni diverse rispetto alle accuse. Per esempio alla richiesta di archiviazione". Come potrebbero alcuni indagati uscire dall'inchiesta? "Per esempio dimostrando di non aver avuto capacità di spesa. Noi non abbiamo acquisito tutti i documenti, non abbiamo trovato tutto. Se un dirigente ci dicesse, magari portandoci la carta che lo dimostra: “Ho provato a dire in tutti i modi che non potevo far fronte all'emergenza amianto perché non avevo capacità di spesa e ho detto: serve tot per fare quella bonifica, e mi hanno risposto soprassediamo, aspettiamo o vedremo”; ebbene, a questo punto la sua responsabilità sarebbe tutta da ridiscutere. I prossimi potrebbero essere giorni intensi. Ora la palla passa agli indagati". Le deleghe che avevano questi dirigenti erano piene? "È proprio qui il problema. Le deleghe non erano piene sia sotto il profilo della capacità giuridica che della capacità di spesa. È chiaro che di fronte a una delega limitata si risale al gradino superiore, a chi ha dato quella delega". Ovvero? "Al datore di lavoro, in questo caso il consiglio d'amministrazione: i consiglieri e l'amministratore delegato». Ci sono delle sentenze della Corte Suprema di Cassazione che dicono che esiste anche una "culpa in eligendo" per i vertici, cioè una responsabilità nella scelta dei collaboratori… «Ma nella nostra inchiesta c'è una colpa più diretta, senza andare a cercare colpe più sfumate. Qui è più evidente il profilo di colpa". In che senso? "Perché qui ci sono deleghe mancanti. La questione non è quella di aver scelto una persona sbagliata o non all'altezza, ma di non averla dotata di potere. E allora questa è una finta delega, una delega monca". L'Ingegner De Benedetti chiederà di farsi interrogare? "Il suo legale, l'avvocato Tomaso Pisapia venerdì a mezzogiorno si era già portato via tutti gli atti, 27 faldoni. Però il fatto che abbia recuperato le carte non significa che l'Ingegnere voglia farsi interrogare. Anzi. Probabilmente vuol dire che intendono cominciare subito a studiare le singole posizioni". Sulla questione amianto esiste un fascicolo bis? "È aperto da mesi e raccoglie una decina di nuovi casi, ma il numero è destinato ad aumentare". Perché avete avviato due diverse inchieste? "A un certo punto abbiamo dovuto mettere un paletto e limitare l'indagine a un numero limitato di casi, altrimenti c'era il rischio di continuare l'inchiesta all'infinito e di non arrivare mai a un processo". di Giacomo Amadori

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