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Milano, nel campo rom un arsenale con i kalashnikov

Andrea Tempestini
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Dicono che attorno al campo nomadi di via Negrotto sia sepolto un arsenale. Ben nascosto, molti metri sottoterra e in diversi punti così da scongiurare il sequestro in blocco della polizia. Non a caso lo scorso primo dicembre gli uomini del commissariato Quarto Oggiaro hanno scoperto un solo Kalashnikov in via Cretese, in mezzo alla boscaglia, a pochi metri dal campo e alle spalle di un asilo. Dalla terra sbucava un lembo di stoffa, il segnale lasciato da chi ha scavato la fossa per nasconderlo. Il fucile da guerra, modificato per renderlo più maneggevole, era a cinque metri di profondità all'interno di un copertone, avvolto in cinque strati di scotch e plastica con accanto due caricatori, di cui uno pieno con 50 colpi. Di chi fosse non è stato ancora possibile saperlo. La notizia del ritrovamento è stata diffusa solo ieri per esigenze di indagini che potrebbero portare a breve a qualche risultato importante. Non è il primo ritrovamento di questo tipo nel campo autorizzato dal Comune. Gli agenti diretti da Antonio D'Urso hanno scoperto due Kalashnikov a gennaio e a giugno 2014, entrambi nascosti subito fuori il campo in via Cretese e via Brivio. Per il primo è stato anche arrestato un uomo. Pochi giorni fa i carabinieri del Nucleo investigativo di Monza erano entrati nel campo per catturare alcuni componenti di una banda di otto romeni accusati di aver compiuto 50 colpi con «spaccate» in negozi tra Milano, Monza e Brianza, Bergamo, Como e Brescia. Sei mesi di razzie per rivendere oggetti tecnologici e abbigliamento in Romania. Pochi giorni prima erano stati i carabinieri di Varese a occuparsi di via Negrotto nell'ambito di un'indagine su una banda che assaltava distributori di benzina con armi da guerra e auto rubate usate come arieti. Tra novembre 2013 e novembre 2014 hanno messo a segno 31 colpi tra Milano, Pavia, Bergamo, Lodi e Varese. Degli otto romeni arrestati quasi tutti abitavano in via Negrotto e tra loro c'è Romeo Cudorovic, 48enne ritenuto capo del gruppo criminale nonché rappresentante per il campo al tavolo permanente istituito dal Comune di Milano per le problematiche nelle comunità di Harvati, Sinti e Camminanti. Quando i militari di Varese hanno annunciato che i banditi usavano anche armi da guerra, qualcuno si è chiesto come fosse possibile. La risposta è nella nebbia che avvolge le attività dei campi nomadi della città, una terra di nessuno dove si può trovare di tutto, dalle targhe di auto ai fucili d'assalto. C'è un prezzo e un nascondiglio per tutto, per ottenerlo bisogna avere abbastanza soldi o buone conoscenze. Nel caso delle forze dell'ordine, buoni informatori. Questo non sminuisce le capacità d'indagine, è puro realismo. Se i poliziotti di Quarto Oggiaro non avessero avuto l'indicazione giusta non avrebbero mai potuto trovare il fucile in quel punto di via Cretese. Per tirarlo fuori è stato necessario l'intervento dei vigili del fuoco che con una ruspa hanno letteralmente spianato l'area fino a tirare fuori il copertone «ripieno». E fa sorridere (o rabbia) pensare che sul campo c'è un'autorizzazione comunale. «I “fratelli rom” di Vendola e Pisapia stanno riempiendo la cronaca nera per rapine violente, aggressioni, furti e armi automatiche nascoste nei campi - ha commentato Riccardo De Corato, vice-presidente del Consiglio comunale e capogruppo di Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale in Regione -. Il buonismo arancione, cieco alla realtà, sta portando solo violenza in città e i milanesi, come al solito, sono sempre gli ultimi a essere considerati e protetti. Non sono i fratelli dei milanesi onesti che si vedono rapinare, derubare, minacciare e aggredire ormai quotidianamente in una città lasciata allo sbando da un sindaco che non capisce questo pericolo». Per Luca Lepore, consigliere comunale e metropolitano della Lega, «il campo di via Negrotto 23 deve essere immediatamente chiuso». La richiesta è rivolta al sindaco Pisapia e all'assessore Granelli: «Destinare l'area ad orti comunali per i residenti di Villapizzone come nel lontano 1968. Se a chi governa Milano interessa la legalità e la sicurezza per i propri cittadini non esiti a prendere questa saggia decisione e non si lasci incantare dalla demagogia e dalle adulazioni della consulta rom e sinti. Pisapia abbia il coraggio, almeno una volta, di stare dalla parte dei milanesi onesti e di condannare con azioni concrete la malavita e la criminalità che regna in questo campo di banditi». di Salvatore Garzillo

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