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Ebola, i medici italiani battono il virus: dimesso il medico di Emergency contagiato

Nicoletta Orlandi Posti
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È ufficialmente guarito il medico di Emergency contagiato da ebola. Lo ha comunicato il commissario straordinario dello Spallanzani, Valerio Fabio Alberti, in una conferenza stampa organizzata nell'ospedale. "Poco più di un mese fa, il 25 novembre", ha detto Alberti, "ci interrogavamo sulla sorte di questo straordinario medico, che come ha giustamente detto il presidente Napolitano si può annoverare tra le eccellenze italiane, e che ha messo a rischio la propria vita. Da allora non vi nascondo che abbiamo passato momenti duri, e oggi con soddisfazione e orgoglio possiamo annunciare ufficialmente la guarigione del paziente".  In conferenza stampa era presente anche il medico italiano guarito da ebola. Il medico, accolto da un applauso dei giornalisti, verrà dimesso oggi. "Non sono un eroe" - Fabrizio Pulvirenti, originario di Catania, prestava servizio volontario in Sierra Leone nella lotta al virus ebola quando è rimasto anche lui contagiato. Fu indicato indicato come "paziente zero" da quell'alba del 25 novembre quando un velivolo dell'Aeronatica militare italiana con mille precauzioni e in rigidissimo isolamento l'ha riportato in Italia, fatto sbarcare a Pratica di Mare e poi in ambulanza, infilato in una speciale camera sterile trasparente, trasferito allo Spallanzani. "Sono stato curato non soltanto dal punto di vista professionale, ma con i colleghi dello Spallanzani si è creato un rapporto amichevole, di affetto", ha detto Fabrizio Pulvirenti. "E li ringrazio uno per uno abbracciandoli perché quello che è stato fatto per me credo sia davvero grande". "Dopo i primi giorni nei quali cercavo di guardare ogni sintomo con occhio scientifico, per mantenere la mente impegnata - ha raccontato - la luce della coscienza si è spenta, con un buco di circa due settimane delle quali non ricordo assolutamente nulla: i buoni propositi di mantenere la razionalità sono andati a farsi benedire e il medico è stato scalzato dal paziente, com'è giusto che sia. In questo momento io sono il paziente". "Ce l'abbiamo fatta, grazie al lavoro di un'equipe, che ci ha permesso per quasi 40 giorni di fare un lavoro nuovo, una sfida a cui eravamo preparati da anni. Abbiamo avuto due momenti di gravità, di preoccupazione, ma l'abbiamo affrontato e superato insieme", ha detto Emanuele Nicastri, a nome dello staff dei medici dello Spallanzani. Soddisfazione da parte del ministro Beatrice Lorenzin: "L'anno si apre con una bellissima notizia. È la dimostrazione - ha sottolineato il ministro - di quello che noi siamo capaci di fare". Le cure - Della sua esistenza e vicenda gli italiani ne sono venuti a conoscenza il 24 novembre. L'Unità di crisi della Farnesina entra in azione, il medico di Emergency che da poco più di un mese era in Sierra Leone per assistere i malati di ebola, viene riportato in Italia. Bisogna allestire in maniera opportuna il Boeing 767 dell'Aeronautica militare inviato sul posto per prelevare Fabrizio e riportarlo in Italia in condizioni di assoluta sicurezza, ovvero nel massimo isolamento per evitare ogni possibile contagio dei militari incaricati della missione. E non sono certo immagini belle quelle che alle prime ore del 25 novembre arrivano dalla pista di Pratica di Mare, che mostrano la speciale barella che sembra una bolla di plastica dentro cui c'è Fabrizio. Nei primi giorni il paziente "è in stabili condizioni generali, è vigile e collaborante", dice il bollettino medico, pur in presenza di febbre e brividi e di "malessere generale e iperemia congiuntivale". Sintomi destinati a 'fluttuare'. Il paziente è seguito da 15 medici e 15 infermieri, i soli che ruotano in servizio occupandosi di lui. Niente visite, Fabrizio può comunicare solo per telefono con i suoi congiunti. Si comincia con un trattamento antivirale specifico ricorrendo a un farmaco sperimentale "non registrato in Italia e autorizzato con apposita ordinanza dall'Aifa su indicazione del ministero della Salute". Poi viene chiarito che il medico di Emergency "non è curato con un cocktail di farmaci ma con uno solo, un antivirale". Al paziente viene inoltre praticato il primo trattamento a base di "plasma di convalescenza", tradotto è il plasma di persone che hanno contratto l'ebola e sono guariti. Arriva dalla Spagna, è una straordinaria macchina di solidarietà, anche scientifica, quella che si è messa in moto. Nessuno lo conferma ufficialmente ma forse è anche il vissuto e la credibilità di una organizzazione come Emergency a contribuire all'innesco di questa catena che coinvolge anche imprese farmaceutiche e di infrastrutture. Tornerà in Sierra Leone - «"Tornerò in Sierra Leone", ha assicurato Fabrizio Pulvirenti. "Prima devo ricostruire il mio tono muscolare - ha spiegato - poi voglio tornare in Sierra Leone per completare quello che ho iniziato". Alla domanda sul momento del contagio, il medico ha chiarito che "è impossibile ricostruirlo, ogni momento è buono quando si curano malati altamente contagiosi. Io ho seguito le procedure che ho eseguito decine di volte". 

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