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Andreotti, dall'archivio del Divo i segreti della Repubblica

Nicoletta Orlandi Posti
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"Possiedo un grande archivio, visto che non ho molta fantasia", diceva Giulio Andreotti. Oggi un assaggio di quel grande archivio verrà presentato al pubblico, presso l'istituto Don Luigi Sturzo, attraverso l'opera "La storia d'Italia nelle carte di Giulio Andreotti" curata Francesco Lefebvre D'Ovidio e Luca Micheletta della facoltà di Scienze Politiche de La Sapienza, Massimo Bucarelli esperto in relazioni internazionali all'Università del Salento, e a Giovanni Dessì e Silvio Pons, rispettivamente docente di storia delle dottrine politiche e professore di Storia dell'europa Orientale, entrambi a Tor Vergata. Un assaggio, dicevamo, perché i ricercatori hanno costruito un percorso scientifico, attraverso quattro filoni: "Andreotti e l'Europa", "Le carte Andreotti relative alla presidenza Cossiga", la Serie Nato" e i rapporti con l'Unione Sovietica nel periodo 1985-1991. L'armadio della Repubblica - "E' un archivio del tutto singolare", ha spiegato Giuseppe Sangiorgi, segretario generale dell'Istituto Sturzo, "perché è un archivio privato di Stato e credo sia l'unico esempio in Italia e forse uno dei pochi in Europa per l'enormità delle dimensioni". Lungo 600 metri se i 3500 faldoni fossero tutti in fila, racconta la parabola del Divo Giulio dalle foto dei genitori agli ultimi discorsi, compresi i guai giudiziari e le carte dei processi. E di conseguenza la storia d'Italia dai primi anni '40 al 2010 passando per i congressi della Dc, il sequestro Moro, le battaglie pro e contro il divorzio fino agli atti del Vaticano e al dibattito sull'Europa unita. Ma finora solo 600 faldoni sono stati inventariati (il 20% circa) e in parte digitalizzati. Tanti, quindi, sono consultabili da chi ne fa richiesta. Restano fuori, tra gli altri, il fascicolo Moro e quello su Ustica. "Ci vorranno anni per finire", ammette Sangiorgi, convinto che sia un lavoro necessario per sbrogliare la matassa, e non per temporeggiare imponendo censure.

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