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Dopo la Spagna noi? Ecco perchè l'Italia è il prossimo obiettivo

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Matteo Legnani
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L'attentato di Barcellona suona come una brutta, pessima notizia per l'Italia. Il nostro paese e la Spagna infatti, sino a ieri, erano le uniche due grandi nazioni europee immuni da attentati jihadisti. Ora resta solo l'Italia. E non è detto che mantenga questo primato, nonostante la straordinaria eccellenza del nostro apparato di prevenzione. La Spagna, è vero, è stata mortalmente colpita già nel 2004 dalla strage nei treni nella stazione di Atocha, a Madrid. Ma era un'altra fase del terrorismo. Quell'attentato era stato organizzato da una cellula di al Qaida impiantata da anni e dentro la classica dimensione di un'organizzazione terroristica clandestina. Atocha, come poi l'attentato al Tube di Londra, era dentro la fase del terrorismo organizzato di al Qaida. Più volte, anche nel marzo scorso, la polizia spagnola ha effettuato arresti e annunciato di avere sventato attentati, esattamente come hanno fatto più volte gli inquirenti italiani. Ma per ben 13 anni la Spagna è stata immune sia da attentati jihadisti classici, sia da stragi provocate dal «terrorismo spontaneista» arruolato in Rete e armato diabolicamente di un van lanciato a folle velocità sui pedoni. È questa la nuova forma del jihadismo terrorista. Non più cellule clandestine classiche, strutture piramidali; non più, addirittura, attentati con esplosivi; non più attentati con i mitra a sventagliare la folla come a Parigi con Charlie Hebdo o con il Bataclan, ma la tecnica terribile e imprevedibile del van o del camion lanciato contro i pedoni, come a Nizza, Berlino e Londra. Non più, soprattutto, jihadisti che preparano lungamente l'attentato, esposti ai rischi delle comunicazioni clandestine, dell'acquisto delle armi, rintracciabili quindi da un buon apparato di sicurezza, denunciabili dagli infiltrati e dagli informatori (i Servizi in Italia ne hanno migliaia). Ma jihadisti dell'ultima ora, arruolati dalla Rete, senza contatti organizzativi rintracciabili né dove vivono, né con la centrale dell'Isis. Inafferrabili, imprevedibili. Terribile poi, oltre al numero delle vittime di Barcellona, l'obiettivo scelto: le Ramblas, che attirano ogni anno folle di centinaia di migliaia (ben più di un milione) di turisti da tutto il mondo perché sono il simbolo universale della Movida, della vita notturna spensierata e folle intrisa di musiche, alcolici, incontri, vita sfrenata. Dunque, obiettivo principe per la logica jihadista che non punta tanto o soltanto a spargere terrore, ma che intende soprattutto imporre agli occidentali le regole shariariche più feroci, punendo - con la morte - la promiscuità tra uomini e donne, l'uso di alcolici e persino l'ascolto della musica, rigidamente proibita dalla sharia dogmatica. Né la Spagna conosce nelle sue città, così come l'Italia, la presenza dal 1945 in poi dell'immigrazione di massa arabo islamica come la Francia, la Gran Bretagna, la Germania o il Belgio. Infine, ma non per ultimo, la Spagna partecipa sicuramente alla Coalizione Internazionale contro l'Isis in Mesopotamia, ma in modo marginale, non determinante e massiccio come la Francia e la Gran Bretagna. Di nuovo, due similitudini con l'Italia. Dunque, dopo Barcellona, è possibile che la lunga immunità dagli attentati terroristici di cui sin qui ha goduto l'Italia, cessi. Né il formidabile apparato dispiegato dai nostri Servizi e dalle nostre forze di sicurezza, soprattutto da quando al comando è Marco Minniti, possono garantire al nostro paese di essere l'unica isola felice d'Europa. Dobbiamo prepararci ad assorbire un possibile colpo vigliacco. di Carlo Panella

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