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Vaticano, Papa Francesco si arrende alla pillola anticoncezionale: l'apertura al controllo delle nascite

Andrea Tempestini
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La rivoluzione sessuale del Sessantotto bussa alla porta del Vaticano e cinquant'anni dopo trova un papa disposto ad ascoltarla, forse pure ad aprire. La diffusione della pillola anticoncezionale, avvenuta in Italia a partire dal 1965, cambiò rapidamente tutto, dalla morale comune al tasso di fecondità. Per la prima volta nella storia, uomo e donna potevano darsi piacere escludendo la maternità dall'equazione. La Chiesa reagì nel luglio del 1968 con l'enciclica Humanae Vitae, firmata da Paolo VI, ma ispirata in gran parte dall'allora arcivescovo di Cracovia, Karol Wojtyla. Essa impegnava il cristiano a «non abdicare alla propria responsabilità per rimettersi ai mezzi tecnici»: un no secco a ogni tipo di anticoncezionale. Linea dalla quale Giovanni Paolo II e Benedetto XVI non si sono mai spostati. Adesso, invece, è proprio dalla “rilettura” di quel documento che tutto potrebbe cambiare. Il teologo Sandro Magister, principe dei vaticanisti, non ha dubbi su quello che sta avvenendo e lo scrive su Settimo Cielo, il proprio blog: «Humanae Vitae addio. Francesco liberalizza la pillola». Un evento storico per la Chiesa pare dunque sul punto di compiersi. «A mezzo secolo di distanza, l'enciclica contro i metodi artificiali di regolazione delle nascite che ha segnato il momento più drammatico del pontificato di Paolo VI, cede ormai il passo a una sua radicale re-interpretazione, a un “cambio di paradigma” indubitabilmente voluto e incoraggiato da papa Francesco in persona». Leggi anche: Feltri durissimo sul Papa: "Speriamo che non lo clonino" Non siamo dinanzi a un mutamento ufficiale della dottrina, perché non è questo il metodo di Bergoglio. Come lo stesso pontefice ha detto nel libro-intervista con Ferruccio De Bortoli, rispondendo proprio a una domanda sul controllo delle nascite, «tutto dipende da come viene interpretata l'Humanae Vitae. (…) La questione non è quella di cambiare la dottrina, ma di andare in profondità e far sì che la pastorale tenga conto delle situazioni e di ciò che per le persone è possibile fare». METODI NATURALI Si sta aprendo la strada, insomma, a una (molto) diversa lettura dell'enciclica di Montini. «A dare veste autorevole al nuovo paradigma interpretativo, con un esplicito via libera ai contraccettivi artificiali - nota sempre Magister, - è intervenuto un teologo dei più accreditati presso l'attuale papa, Maurizio Chiodi, professore di teologia morale alla Facoltà teologica dell'Italia settentrionale e membro di fresca nomina della Pontificia Accademia per la Vita». Nel discorso che don Chiodi ha tenuto il 14 dicembre, durante una conferenza alla Pontificia Università Gregoriana, il ribaltamento delle vecchie certezze è evidente. Il sacerdote ha sostenuto che, quando i «metodi naturali di fecondità» sono impossibili o impraticabili, «occorre trovare altre forme di responsabilità: queste “circostanze” richiedono altri metodi per la regolazione delle nascite. In questi casi, l'intervento “tecnico” non nega la responsabilità del rapporto generante». Per essere più chiaro, subito dopo ha affermato che «la tecnica, in circostanze determinate, può consentire di custodire la qualità responsabile dell'atto sessuale». Sentenza che appare in netto contrasto con l'enciclica di Paolo VI, secondo la quale «rimettersi ai mezzi tecnici», come appunto la pillola, significherebbe «abdicare alla propria responsabilità». GRADITO AL PAPA Il giornale dei vescovi italiani, Avvenire, dove è impossibile trovare qualcosa che non sia gradito al pontefice, domenica scorsa ha pubblicato l'intero testo di quell'intervento. Servito assieme a un ragionamento dello stesso quotidiano che si conclude così: «Don Chiodi ha il coraggio di definire il problema che si pongono da alcuni decenni teologi ed esperti di pastorale. Davvero i metodi naturali vanno intesi come l'unico percorso possibile di pianificazione familiare?». Il giorno prima, sempre su Avvenire, monsignor Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, riferendosi alla Humanae Vitae, aveva detto che servono «ulteriori approfondimenti sul fronte della responsabilità della generazione», perché le norme richiedono «un processo di valutazione che deve prendere in conto l'insieme concreto delle circostanze e delle relazioni in cui si trova la persona». È chiaro che sulla morale sessuale della Chiesa c'è una riflessione in corso. Qualcosa di grosso appare davvero sul punto di succedere: non nel terreno della dottrina, che questo papa non pare intenzionato a riscrivere in modo ufficiale, bensì su quello della pastorale, della prassi quotidiana tra sacerdoti e fedeli. Una re-interpretazione delle norme per “adeguarle” ai tempi che assomiglia molto a un loro aggiramento e che farebbe della Chiesa l'ennesimo ente figlio della modernità, preoccupato di inseguire il proprio gregge anziché di indirizzarlo. di Fausto Carioti

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