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Utero in affitto, portano il bimbo in Italia, ma vengono scoperti: genitori sotto processo

Erano volati in Ucraina, e per 60mila euro avevano affittato l'utero: ma forse nemmeno il padre è quello legittimo

Francesca Canelli
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La Giustizia italiana si trova ad affrontare sempre più spesso casi in cui una coppia che non può avere figli decide di ricorrere all'affitto di un utero all'estero, per poi registrare il bambino come proprio in Italia. Nel nostro paese la pratica è infatti vietata, ma capita che gli aspiranti genitori riescano ad aggirare le autorità e tenere il figlio, col risultato che spesso il tranello viene scoperto dopo anni e il bimbo rischia di essere strappato alla famiglia a un'età in cui è già capace di intendere e di volere.  Il caso - E' ciò che è accaduto a una coppia, volata in Ucraina più di due anni fa per avere un figlio, pagando la cifra di 60mila euro e riuscendo a far passare il bambino come loro. Scoperti, i due dovranno ora rispondere al tribunale di Cremona, mentre il bimbo è già stato loro tolto e affidato a una struttura protetta. Caso difficile, quello di cui si dovrà occupare il giudice incaricato Pierpaolo Beluzzi, anche rispetto alla risoluzione di casi analoghi precedenti, che non sono stati risolti in maniera univoca. Ad esempio a Brescia una coppia è sotto processo, ma non si è vista levare i figli, mentre a Trieste un'altra coppia è stata assolta con formula piena, pur essendo diventati genitori grazie a un utero in affitto. I fatti - Marito e moglie dovranno sottoporsi a udienza il prossimo 14 gennaio. I due si erano recati a Kiev, in Ucraina, e si erano rivolti alla clinica Biotex Center per effettuare la pratica. Qui il seme dell'uomo era stato impiantato nell'utero di una donna, che dopo 9 mesi aveva dato alla luce il maschietto, poi espatriato in Italia e registrato come figlio dlla coppia prima in Ucraina, poi nel paese natale dei due. L'addetto all'anagrafe del comune di residenza aveva notato che la "presunta" mamma non era mai stata incinta: da qui è partita la segnalazione alla procura di Cremona. Il test del dna ha fatto il resto e anche di più: non soltanto ha rivelato che la donna non era la madre naturale del bimbo, ma anche la paternità sarebbe dubbia.   La difesa - L'avvocato della coppia, Giovanni Passoni, preme sulla truffa che i due per primi avrebbero subito dalla clinica: "Se così fosse, i nostri assistiti sarebbero stati truffati dalla clinica ucraina e sarebbero due volte vittime". "I due imputati non possono incontrare il piccolo e non sanno nemmeno dov'è: è stato portato via in maniera traumatica, quando già il bimbo si era abituato a riconoscerli come papà e mamma" riferisce l'avvocato Cecilia Rizzica, altro legale della coppia. 

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