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Condannato il fidanzato manescoMa lei l'aveva perdonato e sposato

L'iter della denuncia per maltrattamenti è proseguito nonostante la donna volesse fermarlo: pena di un anno e 6 mesi. Ora la coppia ha due figli

Lucia Esposito
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Questa è una storia di miracoli. Miracoli avvenuti e miracoli mancati. La vicenda che ci accingiamo a raccontare si svolge a Fabriano, in provincia di Ancona, e prende avvio nel 2012. I protagonisti sono un uomo e una donna, una giovane coppia di fidanzati come ve ne sono a milioni. Un paio d'anni fa, tra i due, le cose cominciano a non andare bene. Anche questo è un fatto assolutamente consueto, su cui non ci sarebbe da soffermarsi più di tanto. Se non fosse che un giorno il fidanzato, e qui la storia inizia ad assumere i primi tratti di eccezionalità, si rende artefice di un'azione che per fortuna pochi fidanzati compiono. Un'azione riprovevole: picchia la sua ragazza. Non uno schiaffo o una tirata di capelli, no. Un vero e proprio pestaggio, o qualcosa che gli assomiglia molto. Tanto che lei prende una decisione drastica: sporgere denuncia alle forze dell'ordine. La giustizia, a quel punto, inizia il suo corso: per l'accusa di maltrattamenti si procede d'ufficio. Ma prosegue il proprio corso anche la relazione tra i due fidanzati. E qui, appunto, si verifica il miracolo. Anziché concludersi malamente, o peggio andare incontro a un epilogo drammatico, il rapporto tra i due ragazzi, progressivamente, si rigenera. Passo dopo passo, le cose tornano alla normalità e, anzi, l'intesa si rinsalda, il sentimento si rafforza. Lui si pente, si ravvede, ed evidentemente riesce a fornire alla sua compagna sufficienti prove di essere tornato in sé. Una volta per tutte.  Lei si fida, sente che può tornare accanto all'uomo che, malgrado tutto, ama ancora. E perdona. Accade, quindi, ciò che ormai nessuno si sarebbe più aspettato. I due, da semplici fidanzati, diventano sposi. Poi hanno un figlio e, dopo poco, un secondo. Una famiglia felice. Un prodigio, bisogna ribadirlo, alla luce di quanto accaduto nel 2012. Ma, come abbiamo detto, non è solo il rapporto tra i due ad essere andato avanti. È andata avanti anche la giustizia. Che adesso, non più desiderata e forse neanche più attesa, è venuta a presentare il conto a chi, due anni or sono, ha commesso il terribile errore che sappiamo. Condannandolo a un anno e sei mesi di reclusione. E al tempo stesso condannando una coppia già emersa da un inferno a un inferno nuovo, ugualmente spaventoso.  Nell'apprendere la notizia della condanna, lei non ha saputo trattenere le lacrime. Chissà da quanto non piangeva: forse proprio da quel giorno maledetto in cui lui perse la testa e, almeno provvisoriamente, la dignità. «Faremo sicuramente appello», ha detto il suo avvocato, Angelo Franceschetti, che lo difende in collaborazione con Maurizio Benvenuto, «nel caso dovesse arrivare una sentenza definitiva chiederemo comunque l'affidamento ai servizi sociali, poiché il ragazzo ha un lavoro stabile e una famiglia». A riprova di un cambiamento reale e probabilmente irreversibile, lui si è dimostrato tutto sommato tranquillo: «Lasciamo fare alla legge. Ho sbagliato e devo pagare. Queste sono le conseguenze di quando ci si comporta male». Lei, adesso, vorrebbe addirittura accollarsi parte delle responsabilità di quanto successo due anni addietro: «Anch'io mi comportavo male. Lui viveva certi miei atteggiamenti come provocazioni. Ma dopo un anno di percorso terapeutico tutto è cambiato in meglio». Il desiderio dei due coniugi, oggi, è uno soltanto: lasciarsi alle spalle questa orribile storia. Meglio ancora: cancellarla definitivamente. Ma è un'aspirazione destinata a rimanere tale. La giustizia non sente ragioni (non in casi come questo, almeno) e avanza imperterrita. Mettendoci di fronte al miracolo mancato di cui si diceva all'inizio: quello di una giustizia capace, per una volta, di autentico discernimento. Giuseppe Pollicelli

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