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Filippo Facci: Non l'ho vista ma mi piace

Giulio Bucchi
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Se cede al parolame persino il Capo dello Stato, beh, allora si fa dura davvero. Mancavano due giorni alla presentazione della legge di stabilità (la manovra) e sabato scorso Napolitano è intervenuto con un endorsement di peso: "Mi pare che nella legge ci siano misure rilevanti per la crescita: sia direttamente, con politiche di investimenti, sia indirettamente, per quanto riguarda la riduzione della pressione fiscale. E che questo", ha esortato, "sia riconosciuto". E sta bene, potremmo anche riconoscerlo: prima, però, la legge dovremmo anche esaminarla come Napolitano evidentemente avrà potuto fare in anteprima, giusto? Sbagliato. Il testo della legge è giunto al Quirinale solo ieri pomeriggio (introdotto da Renzi per un'ora e mezza) dopodiché Napolitano, con una nota irrituale, ha commentato: "Adesso sarà oggetto di un attento esame essendo per sua natura un provvedimento molto complesso". Ora non vorremmo passare per azzeccagarbugli, ma la sostanza è che Napolitano ha benedetto la manovra prima di averla letta, e prima, cioè, di conoscere un dettaglio fondamentale: se abbia copertura. Non si dica che l'aveva approvata solo in linea generale: è una manovra economica, non esistono linee generali, il diavolo è nei dettagli come dimostra il fatto che la Ragioneria dello Stato e la Commissione europea non hanno ancora finito di vagliarla. La verità è che sabato scorso, a Napolitano, hanno piazzato davanti un microfono e persino lui ha ceduto al parolame. Benvenuto nel club. di Filippo Facci

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