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Izzo, il re del giallo che anticipò l'islam integralista: gli scritti profetici

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Andrea Tempestini
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C'è l'uomo, figlio di un papà campano e una mamma di origine andalusa, animato nel corpo e nella mente da spirito mediterraneo. C'è poi l'intellettuale inflessibile, che lasciò il Partito comunista francese nel 1978, rifiutando la sua struttura burocratica e gerarchizzata. E c'è infine il grande scrittore che, col suo stile, le sue ambientazioni e le sue trame, contribuì a creare un genere, il noir mediterraneo, dando nuova dignità sia al noir che al concetto di "mediterraneo". Nello spettacolo di Stefania Nardini, Mediterraneo, musica e parole della Marsiglia di Jean-Claude Izzo, in programma oggi alle 23 a Castello di Alvito (Fr) nell'ambito del Festival delle Storie - attraverso un riuscito pastiche che mescola la lettura di poesie e lettere inedite dello scrittore, brani tratti dal libro Jean-Claude Izzo. Storia di un marsigliese (e/o, pp. 144, euro 15) della Nardini ed esecuzione di una “compilation Izzo”" con le musiche in italiano, francese, arabo e napoletano da lui ascoltate mentre scriveva (risuoneranno grazie al piano di Patrick Cascino, al sax di John Massa e alla voce di Mona) - rivive non solo il personaggio del giallista francese, ma anche l'eredità irripetibile consegnata alla letteratura europea e l'atmosfera da lui respirata a Marsiglia, come finestra privilegiata sulla storia e la geografia. Il viaggio, tra suoni e testi, è soprattutto un tributo al pensatore meridiano, al narratore che seppe combinare nei suoi romanzi - su tutti, la cosiddetta trilogia marsigliese (Casino totale, Chourmo e Solea) - la contemplazione della bellezza e il disincanto, l'aspirazione ideale e il cinismo, mettendo insieme la crudezza del crimine e la dirompente luce marina di Marsiglia. Dove il Male non si fa meno feroce poiché esibito e benedetto dagli dèi meridiani, ma al contrario diventa plateale, teatrale, seducente e terribile come il suo quasi omonimo Mare. È «la bellezza tragica del Mediterraneo», dice la Nardini, «o meglio la sua tragedia epica, che risale a Omero e al viaggio di Odisseo», al suo essere da sempre racconto e raccoglitore delle miserie umane. Ma nelle parole e nelle trame di Izzo affiora anche inesorabilmente la sua ferita di esule, di figlio di italiani emigrati, condannati allo stigma di essere detti "maccheroni" o, ancor peggio, rital (termine dispregiativo, crasi per réfugié italien); e quindi associati all'immagine di mangiatori di pasta, «perché non c'erano soldi per comprare la carne», vittime di una fame, che testimoniava la loro povertà e la loro condizione di reietti nella Marsiglia del tempo. Il personaggio del poliziotto Fabio Montale, anche lui figlio di italiani, diventa allora nei romanzi di Izzo emblema di riscatto, figura di educatore all'interno dei quartieri difficili della città, e insieme voce di denuncia sociale delle discriminazioni e delle aberrazioni che vi si consumano. «Una descrizione cruda della realtà», nota la Nardini, «che non può essere anestetizzata, come cerca di fare chi oggi amministra Marsiglia, provando a normalizzarla con un restyling. Perché, come aveva intuito Izzo, Marsiglia è un'affascinante signora ottantenne piena di rughe e acciacchi, una puttana bellissima che diviene grottesca se si sottopone a lifting». In quella denuncia spietata, Izzo non ometteva di raccontare le infiltrazioni della criminalità organizzata che si contendono il controllo del territorio, anticipando, in forma di fiction, quel metodo di inchiesta giornalistica che poi nutrirà la letteratura non-fiction sulle mafie. E assumeva toni profetici allorché nei suoi romanzi - scritti in tempi non sospetti - «parlava di forme di integralismo islamico che andavano maturando nella cité, nei quartieri più malfamati della città: era l'allarme sui primi sintomi di difficile convivenza in una società tradizionalmente multietnica come Marsiglia, e la fotografia di un astio irrisolto tra francesi e algerini; ma era anche il monito affinché si preservasse l'identità a mosaico della città, il suo essere da sempre laboratorio di convivenza civile». Forse anche per questi messaggi Izzo è stato dimenticato in occasione degli eventi di Marsiglia Capitale della Cultura 2013, «un oblio vergognoso», dice la Nardini, "«voluto da chi cerca di far dimenticare le contraddizioni che sono anche la ricchezza di questa città». Allo stesso tempo viene tuttavia celebrato nel nostro Paese come cantore dell'orgoglio di sentirsi italiani, quando si è lontani dalla terra di origine. Lo scrittore che coincise con la sua città fino a divenirne la voce e il riflesso paradossalmente viene rinnegato dal luogo che lo ha cresciuto e che lui ha contribuito a far crescere. Ma è destino dei grandi, non essere profeti in patria. di Gianluca Veneziani

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